OBEY at La Fabbrica del Vapore MI 2024

 

E quindi, domenica mattina sono andato con la sciura a vedermi la mostra di Obey Giant alla Fabbrica del Vapore.
Biglietto prenotato per le 10 di mattina, che tanto noi anziani si dorme poco e le dieci di domenica vanno benissimo.
Anche se a vedere la mostra, con noi, c'erano solo mamme & papà con bambini, portati alla mostra con l'inganno, dicendogli che si andava a vedere le cose di uno che fa i disegnini sui muri.
Che non è dire una bugia alle creature, dopotutto.
Come qualche amico già sa, per le cose di Shepard Fairey e, in particolare, per tutta la storia di Obey e Andrè the Giant, ho un debole da qualche decennio.
La prima volta che ho incontrato uno dei suoi sticker storici, quello con Andrè the Giant Has a Posse, disegnato bello grezzo in bianco e nero, fu ad Atene verso metà abbondante degli anni 90.
E qui parte l'INTERMEZZO STURIELETA:

Siccome sono sempre stato di discreta pezzenteria, l'estate del novantaqualcosa (97? 98?), ero andato ad Atene con la Barbara, per visitare templi, rovine, musei, pietrame vario arroventato dal sole e, ovviamente, amene spiagge del Peloproteso e delle isole greche ("Senti queste isole, come so'? Bbone? So ggreche!").
Arrivati ad Atene dopo un giorno di treno carro bestiame Milano-Bari-Brindisi, un giorno di nave, ovviamente passaggio ponte dormendo in sacco a pelo, abbiamo preso il primo taxi che dal porto del Pireo andava verso il centro, chiedendo al tassinaro di consigliarci un albergo economico.
Questi ci portò a un simil Hilton, roba che avrebbe prosciugato le nostre finanze in un giorno.
Grazie lo stesso tassinaro greco. Grazie, graziella e grazie al cazzo.
Abbiamo preso lo zaino e ci siamo avviati verso una via a caso.
Dopo qualche svolta a sinistra, ci siamo trovati di fronte a una porticina con scritto Hotel e una stella, probabilmente disegnata a pennarello.
Sembrava proprio il posto fatto per noi.
Entriamo, sentiamo i prezzi. Sono bassi. Bassi anche per gli standard dell'Atene degli anni 90.
Una topaia, gestita da un quarantenne comunista, ex perseguitato politico all'epoca della dittatura dei Colonnelli, di giorno tassista e di notte albergatore/portiere notturno/tuttofare. Perfetto.
L'hotel era un edificio stretto tra altri edifici, ingresso a piano terreno, 2-3 camere per piano, per 3-4 piani.
Noi eravamo al secondo, finestra con vista sulla strada e sull'edificio di fronte: un edificio che non si capiva se fosse in fase di demolizione o di costruzione. Veniva usato come parcheggio abusivo la sera, essendo vicino a un'area pedonale piena di ristoranti, bar e bettole varie.
I parcheggiatori avevano, tipo, 80 anni e il più grasso di loro, sempre in canotta, dirigeva il traffico e il parcheggio dal tavolino dove giocava a carte con i soci.
Noi godevamo del panorama dalla finestra del secondo piano, con ottima vista dalla finestra aperta, ma anche ottimo audio, su sofisticate bestemmie in greco arcaico, nei momenti più accesi delle partite a carte.
Fatto sta che, curiosando in giro per la camera, trovai questo adesivo di Andrè the Giant. Non sapevo cosa fosse, ma ero un fan di André the Giant dai tempi degli incontri di wrestling con quel bisteccone platinato di Hulk Hogan.
Ho quindi staccato l'adesivo per attaccarlo sul mio skate (una tavola G&S modello Danny Webster II degli anni 80), che mi portavo sempre dietro.
Però, per quell'istinto che accompagna ogni imbrattatore, capivo che quello sticker era qualcosa che doveva essere visto.
Anche se chi l'aveva attaccato prima l'aveva messo sotto un tavolo.
Per cui mi sono sporto sul davanzale, quello della finestra su parcheggio, ciccione, bisca clandestina, e ho attaccato il faccione di Andrè the Giant sull'esterno del davanzale, verso la strada.
Così si vedeva bene.
Poi, ovviamente, tornando in albergo da qualche giro per le strade ateniesi, mi sono reso conto che, per vedere l'adesivo necessitavi la supervista di... boh, un supereroe con la supervista, cazzo ne so.
La sturieleta finisce qui, per cui non vi racconto l'altra di quando Barbara si è quasi rotta una caviglia e io, girando Atene per cercare delle stampelle per lei, sono finito in un night alle 10 di mattina, a bere birra con una stripper sessantenne.

Torniamo alla mostra Obey:
a me è piaciuta assai, perché amo la sua produzione artistica e quelle che mi sembrano le ispirazioni, coscienti o meno, delle sue opere.
Dagli stencil delle scritte di orgine militare a quelli politici del maggio 68 parigino, dal costruttivismo russo alla poster art psichedelica, dalla grafica delle pubblicità americane anni 30-40-50 opportunamente modificata, dal collage punk alle grafiche skate, ai contrasti di colori e pattern optical, tipo Victor Vaserely o Franco Grignani.
Per non parlare di tutta la produzione grafica di Art Chantry.
Di tutto un po', o almeno un po' delle cose che piacciono pure a me.
A pelle amo molto di più le cose più vecchie, fino a prima del famoso poster per Obama, che lo ha reso famoso nel mondo intero, ma lo ha un po' costretto a dover "dire qualcosa" in ogni quadro.
Boh, magari non mi spiego bene.
Però il wrestler stilizzato con la scritta OBEY sotto, a ricordare il Big Brother (is watching you) di 1984 che ti controlla con la psicopolizia, e la scritta presa di peso dal film Essi Vivono (They Live) di John Carpenter... li trovo molto più potenti della nuova produzione con tematiche green. Temi importanti ma con risultato, per me, non altrettanto potente.
Nel complesso, comunque, un sacco di lavori dove va studiato ogni millimetro, perché il diavolo è nei dettagli.
In particolare, pollice su per le bacheche dove vengono mostrati alcuni "ferri del mestiere". Niente di nuovo per chiunque abbia fatto "cose sui muri" ma un ottimo reminder che, per fare questa cosa ci si deve sporcare le mani (e spesso anche tutto il resto).
Dopo i ventordicimila imitatori che infestano mostre, gallerie e jam, con mascherine e fotocopie banali e risapute, finalmente uno di quelli originali.
E per tutti i writer che storcono il naso, giova ricordare che l'Andrè the Giant stilizzato bombardato in ogni dove non è tanto diverso da una tag, nell'identificare il Nome.
E se sostenete che non si fa con i disegnini, forse dovreste ripassarvi lo smokin' saint di Stay High 149.

Alla fine ha ragione il Nome che rimane.




































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