CloroFluoroCarburi 1989
Quando ero un giovane che bucava l'ozono
Nel 1987 viene approvato il Protocollo Di Montreal, che viene
sottoscritto dall’Italia nel 1988 ed entra in vigore a livello
planetario nel gennaio del 1989.
Il protocollo di
Montreal prevedeva la messa al bando dei clorofluorocarburi (CFC) e dei
bromofluorocarburi (BFC) parzialmente alogenati, o completamente
alogenati (HCFC e HBFC). Processo molto lungo e complesso, tanto che
l’azzeramento totale della produzione, uso e smaltimento di quei
prodotti avverrà entro il 2030.
Voi direte, “cazzomene, dov’è il bombing? I treni? I muri? La scrittura aerosol?”.
Beh, dai, pazienza. Sta su de doss.
Il fatto è che i CFC, fino a quel 1989, erano il propellente principale
delle bombolette spray, che fossero per profumi, lacche, schiume da
barba e, appunto vernici.
Ed erano uno dei responsabili
principali del buco nello strato di ozono atmosferico che circonda il
pianeta e filtra i raggi solari, contribuendo al surriscaldamento
terrestre.
Con il primo gennaio dell’ottantanove venne vietata la vendita di tutte le bombolette contenenti CFC.
In
vista dell’applicazione della normativa, le case produttrici avevano
già iniziato la produzione e la commercializzazione di bombolette senza
CFC, usando propellenti diversi, ma nei magazzini dei rivenditori
rimanevano consistenti quantità di bancali do bombole con CFC, resto di
vecchi ordini che stazionavano nei magazzini.
Ovviamente,
la maggior parte era composta da vernici nitrosintetiche, specialmente
quelle destinate ai carrozzieri e per i ritocchi alle auto, per cui
nelle palette di colori fornite dalle case automobilstiche, più un tot
di colori RAL.
Con il 1989, colorifici, negozi di
hobbystica o materiali da costruzione si ritrovarono in magazzino
bancali di vernici che non potevano vendere e che avrebbero dovuto
smaltire A LORO SPESE.
Quindi, più di un negozio che si
trovava ad aver a che fare con giovani writers in fotta di bombole,
pensò bene di donare ai giovani arteestee dello spray casse su casse di
vernici invendibili, da “perdere in inventario”.
In
foto, la mia cameretta illuminata dal sole primaverile dell’ottantanove,
che faceva brillare il metallo e la plastica di quanto avevo razziato
dal colorificio più vicino.
Sulla sinistra, con tappo
bianco, una sessantina di bombole alla nitro, per lo più Ver-O-Spray e
Talken formato 200 ml., facili da nascondere e usare per il taggin’, nei
più improbabili colori da carrozziere: blu notte FIAT, verde oliva
metallizzato, arancio sempre FIAT (ricordo una 126 in quel colore
improbabile), ruggine e qualcos’altro.
Il verde oliva
metallizzato era il peggio del peggio. Subito dopo averlo spruzzato sul
muro scompariva assorbito dalla superfice lapidea e/o intonacata,
diventando invisibile e lasciando, quando andava bene, una striscia
semitrasparente e lucida, tipo la bava delle lumache. Sul metallo,
invece, colava inesorabilmente a contatto della superficie.
Però erano gratis e, lo sai, aggratis è buona pure lammerda.
Sulla destra, invece, un numeri più ridotto di bombole da 400 ml., quelle già tutte senza CFC, qualcuna da racking, qualcuna anche pagata… Ver-O-Spray, che non costavano un cazzo. Talken, che avevano la pressione di un uragano tropicale. Hobby Color. E qualcuna delle mie prime DupliColor, il miglior rapporto qualità/prezzo del periodo. Nessuna Buntlak Marabu, che costavano uno sproposito e venivano usate con parsimonia solo dagli antichi discepoli italici dell’arte di vergare lettere, come Graffio, Rendo, Dayaki e ZeroT, quando facevano lavori su commissione.
Nei dintorni si possono osservare, nell’ordine:
-
le due bibbie: Subway Art e Sparaycan Art, fresche d’acquisto a un rene
e mezzo presso l’English Bookshop di Mr. Peter Panton in Via Ariosto,
costosissima libreria in una delle zone più pettinate di Milano, ma
l’unica a tenerli sugli scaffali.
- una bomboletta di
colla spray che avevo comprato con la malsana idea di usarla per fare
tag a colla, sui cui avrei gettato sabbia, polvere o simili per far
apparire il nome in “materiali” diversi dalla classica vernice. Progetto
abbandonato quando mi accorsi che era meno facile di quanto sembrava e
che la morchia non s’incollava uniformemente come avevo immaginato.
-
la scatola rossa di un aerografo della Paasche, resto di un corso
d’illustrazione a metà anni 80. Non lo usai mai per cose che avessero a
che fare con il writing, perché allora l’integralismo sugli strumenti
per fare sta cosa delle lettere aerosol era molto stretto.
-
in alto a sinistra c’è una macchia nera. Non si vede, ma è l’elicottero
di Batman. Aveva sotto anche il cordino con gancio per calare il
bisteccone mascherato in mezzo ai supercattivi.
- tappini sparsi che cercavo di tagliare e modificare per fare gli spruzzarelli strani, con risultati francamente discutibili.
Non
farò la lacrima strappastorie. Le vernici di adesso sono 1000 volte
meglio, come qualità e quantità di colori. Tutta questa roba vecchia non
mi manca per niente. Coprivano male, colavano subito, s’intasavano in
un niente, spruzzavano senza controllo come diciottenni tra le pagine di
un Caballero.
L’unica cosa bella degli anni 80 è che avevo tra i quindici e i vent’anni, e questa merda dell’aerosol era tutta nuova.
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