Oggi è lunedì ma vi racconto il venerdì.
Che poi da qualche tempo Blogger continua a sostituirmi le lettere accentate con caratteri ASCII e devo ripercorrermi tutto il post per sostituire gli "&%$[#" ivi formatisi con più consoni "à, è, ì, ò, ù", quindi non dovrei più scrivere i nomi dei giorni della settimana e nemmeno "più" ed "è".
Venerdì.
Devo finire un progetto per un cliente che devo spedire sabato mattina, e sono indietro, tipo, di una settimana almeno.
Ieri mi manda una mail comunicandomi che non vuole le porte che gli ho proposto, fabbricate nelle lande dell'impero del mobile brianzolo, circa a Meda, ma gli piacciono deglli orrendi pannellacci in laccato bianco a bava di lumaca e decorazioni oro che ha trovato sul sito internet di una ditta dei dintorni di Poggibonsi. O Siena. O Arezzo.
Non che sia prevenuto verso la falegnameria Toscana, ma quella ditta propone delle porte che non userei nemmeno per un pollaio.
Ma fa niente, che il mio legnaiolo di fiducia me le fa uguali, me le fa meglio e le fa pagare di meno.
Che tanto stamattina ho scoperto che vuole il cesso dall'altra parte del corridoio e ho buttato due settimane di lavoro se non riesco a spiegargli che, dove lo vuole lui: a) fa schifo, b) lo scarico dovrà andare in diagonale per la soletta e ti ristagnerà la merda ogni 2x3.
Ma fa nulla, tanto l'odore di merda ristagnata te la senti tu nel tuo villone con le tue porte di truciolare bianco che si scardineranno tra mesi 3.
A me basta che prima di allora mi hai pagato, e quando mi telefonerai reggendo in mano la tua orrenda maniglia ottonata in guisa di cigno ti risponderò gentilmente "I told you so", ma dentro di me penserò: "succhiamelo in punta".
E ti farò riprendere le porte che non hai voluto, con il nome del mobilificio satanicamente vergato a fuoco al contrario, che si chiudano sinistramente nelle tue notti invernali.
Ma venerdì sera, non ce la facevo più a disegnarti le righe del parquet in rovere anticato e i battiscopa in massello sagomato.
Ci avevo da andare al Leoncavallo per la festa degli old fart pancs.
Previa cena a base di pizza dall'egiziano di fiducia, io e la Monica ci avviamo verso le desolate lande di Greco.
Il menù della serata prevede la presentazione del libro di Stiv Rottame che raccoglie tutti i 5 numeri di TVOR chaoszine, il concerto di RFT/RiFiuTi, Eu's Arse e Impact.
Per una volta vado a un concerto panc senza essere il più vecchio presente. Son cose.
Rivedo amici e conoscenti di 15-20 anni fa. Rottame sfoggia una pancetta frutto di troppe sedute al Poguemahone e i sui baffazzi alla motociclista dei Village People che ha cresciuto negli ultimi anni. Maniglia è abbigliato da impiegato del catasto ma mostra il suo biglietto da visita di mago e illusionista. Se fosse arrivato con frac e cappello a cilindro avrebbe potuto cagare in testa a qualunque panc vecchio e nuovo, ma sceglie, chissà perché, l'understatement.
Bicio, mio compagno d'avventure nei primi numeri cartacei di I Don't Care! punkzine, sfoccia un receding hairline ormai consistente: i suoi dreadlock partono ormai da metà cranio avanzato. La mia proposta di costruirsi il primo riporto di dread della storia viene incomprensibilmente cassato.
Zotta, Roberta, Simona e tutti i Gaggianesi hanno risalito la Nuova Vigevanese apposta per gli Impact.
Zotta mi racconta della telefonata di qualche ora prima a Gianmario dei Wretched:
Z.: Oh, Gianmario! Andiamo stasera al concerto degli Eu's Arse e degli Impact al Leoncavallo?
G.: ... ma vaffanculo.
Z.: No, non sto scherzando! Stasera! C'è pure Rottame con il nuovo tivioerre!
G.: Ma in che anno siamo?
Il resto della telefonata non lo riporto per rispetto della privacy.
A serata inoltrata si configura pure Balestrino con l'ultimo Kriminal Klass.
Presenziano pure un'altra manciata di fourtysomething che militarono in oscure formazioni degli anni 80.
Roberto di Lovehate80, alle 10.30 è preoccupato che non arrivi gente e sostiene che non sono stati attaccati abbastanza manifesti. Gli risponodo che 14 manifesti attaccati non oltre il ponte della ferrovia di Greco sono effettivamente pochini, ma alle dieciemmezza al Leo il pieno c'è solo quando suonano i Subsonica.
Improvviso m'accoglie il fastidio da locale affollato, ed esco nel cortile a metà dell'esibizione dei RFT.
Ora.
I RFT li considero un po' i miei nipotini, li apprezzo per come suonano anche se, a volte, dovrebbero dimenticarsi i gruppi che gli piacciono, ho sostenuto più volte, peraltro incompreso, che il Ratto sia l'unico dei batteristi nella scena attuale a saper suonare l'accacì italiano come si deve, cioè sbagliando e andando fuori tempo al momento giusto, che gli altri batteristi sono troppo tecnici e fanno solo rock veloce, son cose, e in questa frase mi è sfuggita la punteggiatura e la grammatica e la conscutio tempori, ma fa lo stesso, il concetto, se c'è, è, se no, boh.
I RFT finiscono che sto cazzeggiando in cortile, e gli Eu's Arse iniziano quando inizio la seconda birra.
Finitala, mi avvio a lato palco. Il cantante ha una voce tipo gatto randagio infilato in un sacco e randellato senza motivo. Al primo pezzo ti sembra fantastica, al secondo dici, oh, bravo!, al terzo ti sembra un po' monotona, al quarto e seguenti cogli il significato del sacco e del randello.
No, scherzo. Anche all'epoca non erano in cima alla mia playlist personale, però voglio vedere quanti degli ipertecnici schiacciasassi d'oggi saranno su un palco a urlare, a 45 anni.
Io sono ancora preda della sindrome da locale affollato e vado in cucina per la terza birra.
Sono li che cazzeggio inopinatamente, quando portano dentro a spalla un tipo con caviglia girata a novanta gradi rispetto al resto della gamba.
Del resto una lunga tradizione di Teste Vuote e Ossa Rotte va rispetta, perdio!
Gli amici del tipo sono discretamente ubriachi, anzi di più. Gli ambulanzieri chiamati dalla Carmen non li vogliono far salire sull'ambulanza e si vedono costretti a seguire in macchina. Non sono di Milano, per cui saranno tuttora dispersi in qualche senso unico tra Niguarda e Affori.
Intanto salgono sul palco gli Impact.
Si sono riformati solo per qualche concerto, daccordo, ma si vede che hanno continuato a suonare ancora con altri gruppi. Sono sempre massicci come ai tempi in cui il 90% della mia generazione ballava sulle note di I like Chopin, e io mi sento in fondo fortunato ad aver avuto i miei anni di teenager con la colonna sonora includente la band di Janz, Diego e Bistek (e di qualcun'altro).
Dopo un bordello di pezzi loro piazzano pure una serie di cover di classci accacì americani e, non senza un fremito d'inopinato orgoglio seguo a ritmo a indice puntato la cover di "I Don't Care".
Massì. In un impeto di arroganza mi sento protagonista del mio tempo e della mia sessualità, e tento di deflorare omosessualmente mr. miguelbasetta@tiscali.it.
Riguadagnato il contegno seguo l'ultima manciata di cover, eseguo i saluti di prammatica a giovani e vecchi amici e conoscenti, distribuisco vaffanculo con prodigalità a destra e a manca, e mi avvio con la sciura verso la macchina, che dichiara problemi di convergenza da risolvere al più presto.
Gianmario non è venuto, avrà montato troppi condizionatori e altri ne dovrà montare.
Io pure mi ricordo che ho un lavoro.
Mi aspettano 4 ore di sonno e una mail a un cliente che, di porte ma non solo, non capisce un beneamato cazzo.
Solo che ha i soldi e io no, quindi ha ragione lui.
Del resto lui sta su una spiaggia a Marbella, o Montecarlo, o Miami. E io a Milano, che in comune ci ha solo la lettera iniziale.
Lui starà parlando di fica, io di hardcore italiano.
Mi reta solo la magra consolazione che le porte della sua villa con piscina faranno indiscutibilmente più cagare delle vecchie porte del mio bilocale.
Son cose.
Che poi da qualche tempo Blogger continua a sostituirmi le lettere accentate con caratteri ASCII e devo ripercorrermi tutto il post per sostituire gli "&%$[#" ivi formatisi con più consoni "à, è, ì, ò, ù", quindi non dovrei più scrivere i nomi dei giorni della settimana e nemmeno "più" ed "è".
Venerdì.
Devo finire un progetto per un cliente che devo spedire sabato mattina, e sono indietro, tipo, di una settimana almeno.
Ieri mi manda una mail comunicandomi che non vuole le porte che gli ho proposto, fabbricate nelle lande dell'impero del mobile brianzolo, circa a Meda, ma gli piacciono deglli orrendi pannellacci in laccato bianco a bava di lumaca e decorazioni oro che ha trovato sul sito internet di una ditta dei dintorni di Poggibonsi. O Siena. O Arezzo.
Non che sia prevenuto verso la falegnameria Toscana, ma quella ditta propone delle porte che non userei nemmeno per un pollaio.
Ma fa niente, che il mio legnaiolo di fiducia me le fa uguali, me le fa meglio e le fa pagare di meno.
Che tanto stamattina ho scoperto che vuole il cesso dall'altra parte del corridoio e ho buttato due settimane di lavoro se non riesco a spiegargli che, dove lo vuole lui: a) fa schifo, b) lo scarico dovrà andare in diagonale per la soletta e ti ristagnerà la merda ogni 2x3.
Ma fa nulla, tanto l'odore di merda ristagnata te la senti tu nel tuo villone con le tue porte di truciolare bianco che si scardineranno tra mesi 3.
A me basta che prima di allora mi hai pagato, e quando mi telefonerai reggendo in mano la tua orrenda maniglia ottonata in guisa di cigno ti risponderò gentilmente "I told you so", ma dentro di me penserò: "succhiamelo in punta".
E ti farò riprendere le porte che non hai voluto, con il nome del mobilificio satanicamente vergato a fuoco al contrario, che si chiudano sinistramente nelle tue notti invernali.
Ma venerdì sera, non ce la facevo più a disegnarti le righe del parquet in rovere anticato e i battiscopa in massello sagomato.
Ci avevo da andare al Leoncavallo per la festa degli old fart pancs.
Previa cena a base di pizza dall'egiziano di fiducia, io e la Monica ci avviamo verso le desolate lande di Greco.
Il menù della serata prevede la presentazione del libro di Stiv Rottame che raccoglie tutti i 5 numeri di TVOR chaoszine, il concerto di RFT/RiFiuTi, Eu's Arse e Impact.
Per una volta vado a un concerto panc senza essere il più vecchio presente. Son cose.
Rivedo amici e conoscenti di 15-20 anni fa. Rottame sfoggia una pancetta frutto di troppe sedute al Poguemahone e i sui baffazzi alla motociclista dei Village People che ha cresciuto negli ultimi anni. Maniglia è abbigliato da impiegato del catasto ma mostra il suo biglietto da visita di mago e illusionista. Se fosse arrivato con frac e cappello a cilindro avrebbe potuto cagare in testa a qualunque panc vecchio e nuovo, ma sceglie, chissà perché, l'understatement.
Bicio, mio compagno d'avventure nei primi numeri cartacei di I Don't Care! punkzine, sfoccia un receding hairline ormai consistente: i suoi dreadlock partono ormai da metà cranio avanzato. La mia proposta di costruirsi il primo riporto di dread della storia viene incomprensibilmente cassato.
Zotta, Roberta, Simona e tutti i Gaggianesi hanno risalito la Nuova Vigevanese apposta per gli Impact.
Zotta mi racconta della telefonata di qualche ora prima a Gianmario dei Wretched:
Z.: Oh, Gianmario! Andiamo stasera al concerto degli Eu's Arse e degli Impact al Leoncavallo?
G.: ... ma vaffanculo.
Z.: No, non sto scherzando! Stasera! C'è pure Rottame con il nuovo tivioerre!
G.: Ma in che anno siamo?
Il resto della telefonata non lo riporto per rispetto della privacy.
A serata inoltrata si configura pure Balestrino con l'ultimo Kriminal Klass.
Presenziano pure un'altra manciata di fourtysomething che militarono in oscure formazioni degli anni 80.
Roberto di Lovehate80, alle 10.30 è preoccupato che non arrivi gente e sostiene che non sono stati attaccati abbastanza manifesti. Gli risponodo che 14 manifesti attaccati non oltre il ponte della ferrovia di Greco sono effettivamente pochini, ma alle dieciemmezza al Leo il pieno c'è solo quando suonano i Subsonica.
Improvviso m'accoglie il fastidio da locale affollato, ed esco nel cortile a metà dell'esibizione dei RFT.
Ora.
I RFT li considero un po' i miei nipotini, li apprezzo per come suonano anche se, a volte, dovrebbero dimenticarsi i gruppi che gli piacciono, ho sostenuto più volte, peraltro incompreso, che il Ratto sia l'unico dei batteristi nella scena attuale a saper suonare l'accacì italiano come si deve, cioè sbagliando e andando fuori tempo al momento giusto, che gli altri batteristi sono troppo tecnici e fanno solo rock veloce, son cose, e in questa frase mi è sfuggita la punteggiatura e la grammatica e la conscutio tempori, ma fa lo stesso, il concetto, se c'è, è, se no, boh.
I RFT finiscono che sto cazzeggiando in cortile, e gli Eu's Arse iniziano quando inizio la seconda birra.
Finitala, mi avvio a lato palco. Il cantante ha una voce tipo gatto randagio infilato in un sacco e randellato senza motivo. Al primo pezzo ti sembra fantastica, al secondo dici, oh, bravo!, al terzo ti sembra un po' monotona, al quarto e seguenti cogli il significato del sacco e del randello.
No, scherzo. Anche all'epoca non erano in cima alla mia playlist personale, però voglio vedere quanti degli ipertecnici schiacciasassi d'oggi saranno su un palco a urlare, a 45 anni.
Io sono ancora preda della sindrome da locale affollato e vado in cucina per la terza birra.
Sono li che cazzeggio inopinatamente, quando portano dentro a spalla un tipo con caviglia girata a novanta gradi rispetto al resto della gamba.
Del resto una lunga tradizione di Teste Vuote e Ossa Rotte va rispetta, perdio!
Gli amici del tipo sono discretamente ubriachi, anzi di più. Gli ambulanzieri chiamati dalla Carmen non li vogliono far salire sull'ambulanza e si vedono costretti a seguire in macchina. Non sono di Milano, per cui saranno tuttora dispersi in qualche senso unico tra Niguarda e Affori.
Intanto salgono sul palco gli Impact.
Si sono riformati solo per qualche concerto, daccordo, ma si vede che hanno continuato a suonare ancora con altri gruppi. Sono sempre massicci come ai tempi in cui il 90% della mia generazione ballava sulle note di I like Chopin, e io mi sento in fondo fortunato ad aver avuto i miei anni di teenager con la colonna sonora includente la band di Janz, Diego e Bistek (e di qualcun'altro).
Dopo un bordello di pezzi loro piazzano pure una serie di cover di classci accacì americani e, non senza un fremito d'inopinato orgoglio seguo a ritmo a indice puntato la cover di "I Don't Care".
Massì. In un impeto di arroganza mi sento protagonista del mio tempo e della mia sessualità, e tento di deflorare omosessualmente mr. miguelbasetta@tiscali.it.
Riguadagnato il contegno seguo l'ultima manciata di cover, eseguo i saluti di prammatica a giovani e vecchi amici e conoscenti, distribuisco vaffanculo con prodigalità a destra e a manca, e mi avvio con la sciura verso la macchina, che dichiara problemi di convergenza da risolvere al più presto.
Gianmario non è venuto, avrà montato troppi condizionatori e altri ne dovrà montare.
Io pure mi ricordo che ho un lavoro.
Mi aspettano 4 ore di sonno e una mail a un cliente che, di porte ma non solo, non capisce un beneamato cazzo.
Solo che ha i soldi e io no, quindi ha ragione lui.
Del resto lui sta su una spiaggia a Marbella, o Montecarlo, o Miami. E io a Milano, che in comune ci ha solo la lettera iniziale.
Lui starà parlando di fica, io di hardcore italiano.
Mi reta solo la magra consolazione che le porte della sua villa con piscina faranno indiscutibilmente più cagare delle vecchie porte del mio bilocale.
Son cose.
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