Pè fa la vita meno amara me so pittato na chitara
Sono passati 5 anni da quando ho customizzato questa Gibson Les Paul.
Il Kappa stava organizzando la mostra "The Sound of Art" e mi chiese di dipingere una Gibson per la mostra, oltre a proporre un'opera da appendere alla Galleria Spaziotemporaneo.
La mostra avrebbe girato diverse gallerie in giro per lo stivale, sponsorizzata dalla nota azienda produttrice di accessori per strimpellatori.
In cambio, alla fine di tutto, se si fosse venduta la chitarra mi tenevo gli euri, se non si fosse venduta mi tenevo la chitarra.
A tutt'oggi la miglior offerta che abbia ricevuto da una galleria d'arte, che solitamente pagano in visibilità.
Presi in mano una manciata di marker Molotow, qualche UniPosca e un paio di cinesate con colori assurdi e tracciai le lettere che vedete: Dall'alto in basso c'è scritto PUNK e, dentro le lettere, ruotate di 90 gradi, c'è scritto VANDALO. Poi aggiungo le foto, che a spiegare stiamo qui fino a domani.
la mostra rimase esposta dal 19 al 24 novembre 2019, per poi venir impacchettata in attesa di essere spedita alle tappe successive del "tour".
Il Kappa stava organizzando la mostra "The Sound of Art" e mi chiese di dipingere una Gibson per la mostra, oltre a proporre un'opera da appendere alla Galleria Spaziotemporaneo.
La mostra avrebbe girato diverse gallerie in giro per lo stivale, sponsorizzata dalla nota azienda produttrice di accessori per strimpellatori.
In cambio, alla fine di tutto, se si fosse venduta la chitarra mi tenevo gli euri, se non si fosse venduta mi tenevo la chitarra.
A tutt'oggi la miglior offerta che abbia ricevuto da una galleria d'arte, che solitamente pagano in visibilità.
Presi in mano una manciata di marker Molotow, qualche UniPosca e un paio di cinesate con colori assurdi e tracciai le lettere che vedete: Dall'alto in basso c'è scritto PUNK e, dentro le lettere, ruotate di 90 gradi, c'è scritto VANDALO. Poi aggiungo le foto, che a spiegare stiamo qui fino a domani.
la mostra rimase esposta dal 19 al 24 novembre 2019, per poi venir impacchettata in attesa di essere spedita alle tappe successive del "tour".
Con il bucio di chiulo che mi contraddistingue, però, il mese successivo venne individuato un particolare virus a Wuhan in Cina e poco dopo un locdown globale.
Non l'ideale per una mostra d'arte intinerante.
Non l'ideale per una mostra d'arte intinerante.
Qualche settimana fa, dopo decine di "passo io", "ma no, passo io", il Kappa è passato da me e mi ha dato la chitarra.
Non è la prima Gibson che tengo in mano. Nemmeno la prima chitarra.
Faccio cagare a suonarla, ma l'occasione è propizia per apposita sturieleta sul mio rapporto con le sei corde.
Non è la prima Gibson che tengo in mano. Nemmeno la prima chitarra.
Faccio cagare a suonarla, ma l'occasione è propizia per apposita sturieleta sul mio rapporto con le sei corde.
Era il 1981.
Ripetevo il primo anni di liceo. Conosco questo ragazzo strano con cui mi mettono in classe nel banco di fianco, un anno meno di me. Si chiamava Bicio, abbreviazione di Fabrizio.
Ci annusiamo e ci riconosciamo per qualcosa, tipo una spilletta dei Clash. O per le American Eagle di colori assurdi.
Diventiamo praticamente subito amici.
Ci piace il punk: Sex Pistols, Clash, Ramones, Damned, quella roba li.
Il punk era morto, ci dicevano i punk più grandi, ma non ce ne fregava un cazzo.
Il loro era morto: noi avevamo 15 anni e loro erano venticinquenni di merda, parrucchieri e giornalisti, avevamo ragione noi per forza.
Comunque: nel giro di un mese avevamo deciso di fare un gruppo punk.
Mai suonato uno strumento musicale prima, escluso il flauto dolce alle medie, con risultati risibili.
Io scelsi la chitarra, lui il basso.
Andammo in un negozio in fondo a Via Torino, New Kary, dove sapevamo che si trovavano i punk il sabato pomeriggio.
Alcuni punk con cui parlammo ci indicarono un negozio di strumenti musicali lì vicino.
Io comprai la chitarra meno costosa dell'intero negozio.
Costava 110.000 lire, scontate a novantamila, in un periodo in cui una chitarra elettrica vera costava, tipo, cinque volte tanto.
Era rossa e bianca e sembrava una Fender.
Sembrava.
In realtà il legno di cui era fatto era massiccissimo.
Sembrava fatta di piombo rivestito di legno. Era un trattore sovietico cui avevano attacato corde di filo spinato.
Ogni volta che ci trovavamo a suonare uscivo dalla cantina di Bicio con una spalla più bassa dell'altra.
Si, perché, come si conviene a un gruppo punk, avevamo fatto la nostra sala prove nella cantina di casa sua.
Avevo comprato un amplificatore figo da mio cugino Andrea, un Marshall valvolare bello potente. Lui sapeva suonare davvero, a differenza mia, e aveva anche una Gibson Le Paul completamente nera, con un manico sottilissimo, così diverso dal ramo di noce grezzo, pesante e spinoso (se gli alberi di noce avessero le spine) che era la mia chitarra.
Beh, quando ci trovavamo a suonare da Bicio, con il resto del gruppo, pur facendo punk, suonavamo di merda.
Diciamolo: IO suonavo di merda. Accordi fatti male, zero entrate a tempo, senso del ritmo di un paracarro di granito.
Davo la colpa alla chitarra, che faceva cagare.
Un giorno mio cugino (PAZZO!) mi prestò la sua Gibson, perché volevo vedere se era la chitarra che faceva cagare, o ero io.
Ero io.
Anche la chitarra ci metteva del suo, però.
Con una Gibson in mano facevo cagare uguale, ma ai fatidici 3 accordi che servivano a suonare una canzone punk, qualche volta, ci arrivavo. Fuori tempo, ma ci arrivavo.
Ci piacevano i texani D.R.I. (Dirty Rotten Imbeciles), per cui ci chiamammo B.S.C. (Brutti Sporchi e Cattivi).
Restituii la Gibson a mio cugino, che ne sapeva fare un uso migliore, anche se in seguito è diventato batterista.
Pure Bicio è diventato batterista.
Misi una croce sopra al fare parte di un gruppo punk.
Sapevo scrivere e disegnare, avrei fatto una punkzine.
Sapevo scrivere e disegnare, avrei fatto una punkzine.
Per fortuna riuscii a vendere la mia chitarra di merda a un giovane punk che ne cercava una, insieme all'amplificatore, rimasto a mollo nella cantina allagata di Bicio.
Ma dopo un po', oh, si sarà asciugato.
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