Stephen Blush, "AMERICAN HARDCORE a tribal history", Feral House
Il libro è una storia dell'hardcore americano nelle differenti scene (da qui la definizione di "storia tribale"), San Francisco e Bay Area, Los Angeles, New York, Washington, North West, ecc.
Per ogni area viene raccontata la nascita e lo sviluppo della scena locale dalle origini, dai primi gruppi seminali, fino alla seconda metà degli anni ottanta, quando l'allargamento della scena ha permesso a molti più gruppi di fare tour per tutti gli states e in Europa (e oltre), perdendo la caratteristica "localistica" che la caratterizzava.
Il racconto avviene attraverso le parole di quelli che hanno contribuito alla nascita e sviluppo della scena, per cui abbiamo Harley Flanagan che parla di NYHC, Jello Biafra che parla di San Francisco, Ian McKaye che parla di harDCcore e così via.
E' interessante sentire dalla voce dei protagonisti, di chi ha creato, spesso dal nulla, una scena o uno stile musicale che poi è arrivato ovunque nel mondo, la storia e le emozioni che li attraversavano.
Naturalmente il libro non è esente da pecche. Per fare un esempio, di una fanzine come Maximum Rocknroll se ne parla poco e male, probabilmente per la personalità forte della zine, in contrasto con quella dell'autore del libro, quando l'importanza di MRR nello sviluppo dell'HC americano (ma anche internazionale), piaccia o meno a Stephen Blush, è indiscutibile.
A qualunque europeo che abbia letto volantini dell'Autonomia, riviste dei Comitati Leninisti, libri di Toni Negri e simili, sentire descrivere MRR come una pubblicazione marxista integralista fa semplicemente ribaltare dalle risate.
Se si escludono questi particolari e altre piccole cose "dette a mezza voce" (anzi, visto che si tratta di un libro: "che si leggono tra le righe"), il libro è comunque documentato e ben fatto, e da voce anche a persone che non suonavano in nessun gruppo, spesso quindi più attive nella scena di chi ha anche da pensare alla propria band.
Naturalmente, poi, il libro è più ampio nelle parti relative a NY e a Washington, scene in cui l'autore ha partecipato e, per forza di cose, ha più contatti personali con le persone intervistate.

James Stark, "PUNK 77 an inside look at the San Francisco r'n'r scene in 1977", Re/Search Pubblications
Con questo libro andiamo agli albori della scena punk di San Francisco. E proprio del centro più famoso della Bay Area si parla, infatti quello che si trova all'interno di questo libro sono interviste e scritti dei più attivi e creativi personaggi che inventarono dal niente la scena punk della città.
Prima di tutto va sottolineato che questa scena era formata da non più di 50-100 persone, tra cui tutti quei personaggi che, nel giro di 2-3 anni dal 1976 al 1978 diedero vita a gruppi come LaRue, Nuns, Dils, Crime, Flipper, Screamers, Avengers, UXA, fanzines come Search & Destroy, locali come il Mabuhay.
Come in tutte le scene seminali si assiste allo scontro tra la cultura mainstream, che nella San Francisco dell'epoca era rappresentata dagli ultimi dinosauri della cultura hippie, ancorata a un fantomatico futuro di pace e amore, e questa nascente cultura che degli ideali precedenti non sapeva che farsene.
Il libro approfondisce, attraverso gli interventi di tutti questi personaggi e le foto di James Stark, quello che era l'aria che si respirava all'epoca, i diversi gruppi e le loro evoluzioni.
Quella scena viene anche descritta nella sua fine, quando, tra la fine degli anni 70 con l'arrivo in citta dei Sex Pistols e quindi dell'interesse da parte dei mass media, e i primi anni 80 con la nascita dell'hardcore, con cui si arriva a un cambiamento generale nello stile musicale, nell'atteggiamento delle persone, nella quantità di gente presente ai concerti e nella violenza agli stessi (cosa fino ad allora sconosciuta).
Non è più il tempo di Crime e Screamers con il loro vestiti autocostruiti (e certi atteggiamenti un pò troppo arty, diciamolo), Gruppi come Dead Kennedy's e Black Flag stanno incendiando l'orizzonte.
Questo libro è uno strumento essenziale per chi voglia capire come e perchè un intera cultura è nata (apparentemente) dal nulla, come contemporaneamente stava succedendo nella New York di Stooges, New York Dolls, Debby Harris e Ramones.

Aaron Cometbus e altri, "DESPITE EVERYTHING a Cometbus omnibus", Last Gasp Books
Il libro è una raccolta di scritti tratti dalla zine Cometbus, dal numero 24 al 43 (i successivi sono tuttora disponibili) più una scelta dei primi quattro anni, in cui, tra il 1982 e il 1985, la zine uscì con nomi diversi.
Quello che trovate è quanto di più simile ci possa essere ad un weblog, in forma cartacea (a dimostrazione che qualunque cosa sia una novità assoluta per il mainstream oggi, esisteva già 20 anni fa).
Diari di viaggio, racconti, commenti, scritti, recensioni. Tutto quello che gira attorno ad Aaron e agli amici che collaborano con lui alla zine. Vi dicono qualcosa queste frasi?
Pur con alti e bassi, dati dalle diverse qualità di scrittura degli autori, il libro si lascia leggere facilmente, ed ha la qualità di non doversi leggere dalla prima all'ultima pagina ma in modo assolutamente casuale.
Cometbus rimane comunque la prima delle personal zines, quindi anche il punto di riferimento per chi si sia cimentato in qualcosa di simile.
Aggiungo inoltre che chiunque abbia (o abbia avuto) a che fare con il punk, e legga, o faccia, un blog, DEVE avere questo libro.

COMETBUS n.48
Ultimo numero uscito nell'estate 2002. Il tema di questo numero è "Back to the land", inteso come "ritorno alla terra", una specie di movimento che portò molte persone, alla fine degli anni 60 a lasciare le città per andare a vivere nelle campagne. Fu un movimento derivato dalla cultura hippie che ricercava una maggior vicinanza alla natura e un abbandono delle città inquinate e violente.
Come quasi sempre accade la differenza tra le favole e la realtà è netta, e l'impatto duro con le difficoltà di una vita "naturale" spesso devastanti.
Questo numero è diviso in tre parti: la prima, dedicata ai figli ora 25/30enni di chi ha tentato questo "ritorno alla terra", con interviste in cui la quasi totalità degli intervistati è ritornata "back to the city" alla prima occasione e dell'esperienza vissuta salva ben poco; la seconda, con alcuni di questi ex-hippie, dove spiegano le loro scelte e non nascondono eventuali fallimenti; la terza, con persone che sono "ritornate alla terra" in tempi precedenti o posteriori a quello hippie con le proprie esperienze.
Il numero è ben fatto e interessante, Aaron Cometbus non nasconde la sua dose di ironia verso questo movimento, di cui critica molto, ma di cui, nonostante tutto, apprezza alcuni aspetti.
Per finire, dato che Cometbus non è distribuito ufficialmente in Europa, chi fosse interessato lo può avere richiedendolo a Last Gasp negli Stati Uniti.
Alcune copie, di questo numero e dei precedenti, dovrebbe anche averle Giulia di Vida Loca Records nella sua distribuzione.

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