Mondiali di Fuckchester 1982
E' il 1982.
Io avevo 15 anni e da un paio avevo scoperto il punk, preso i miei primi dischi e le prime spillette.
Avevo il mio primo paio di anfibi: mica i Martins di voi fighette modaiole, ma anfibi militari recuperati da un parente tornato dai 12 mesi di najademmerda. Scomodi, pesanti, per nulla anfibi (nel senso che in una pozzanghera si fracicavano come spugne).
L'unica cosa che capivo era che quella musica era quello che faceva per me. Faceva scomparire nel nulla la roba che ascoltavo tra la fine anni '70 e i primi '80, dai Led Zeppelin a Guccini, da Alberto Camerini ai Village People, e pure tutto l'hard rock e metal che ascoltavo in quel periodo, Deep Purple, Saxon, Iron Maiden, Scorpions, Ac/Dc, Kiss, Accept, Hanoi Rocks.
Vabbé, a parte gli unici che reggevano il confronto: Motorhead.
Dal 1980-81, l'anno in cui ripetevo il primo anno di liceo, la mia vita fu salvata (o fottuta, dipende dai punti di vista) da God Save the Queen, White Riot, Sheena is a Punk Rocker, New Rose e tutto il resto.
Ma torniamo al 1982. E' estate. Non ho ancora 16 anni, mia madre è morta da poco più di un anno e mio padre, convinto da parenti e amici che l'inglese è importante, mandò me e mio fratello in uno di quei programmi di studio/lavoro per imparare le lingue in Inghilterra, quelli dove gli spicci casa, le loro case di merda con la moquette in bagno, e in cambio trovi in tavola un piatto di spaghetti scotti col cibo per cani che chiamano meatballs.
Naturalmente, a 15 anni dell'importanza dell'inglese te ne fotti. Io ero li per andare a Carnaby Street a comprarmi le spillette di Sid Vicious. Per andare dove c'era SEX, il negozio di Malcom Mc Laren. Per andare al 101 club o al Roxy a vedere i concerti (pochi mesi prima non ero riuscito a entrare al Rolling Stone per il concerto dei Ramones - no soldi - e mi rodeva ancora il culo).
Ero lì per il punk, cazzo.
Avrei voluto essere a Londra, ma finii in un fottuto paesotto del cazzo con gli inglesi più sfigati del mondo. Fuckchester o qualcosa del genere.
Un buco di culo circondato da prati a qualche km da Cambridge con un'unica cosa positiva: un campo di calcio.
Io e mio fratello, che aveva 1 anno meno di me, ci ritrovammo in una compagnia di venti 15enni italiani, più interessati a fare i coglioni con le ragazze locali che a vedere il London Bridge o il Big Ben, ma il programma prevedeva due gite a Londra.
Di tutto quello che volevo fare ho già detto prima. Mi riuscì solo di andare in Carnaby Street, sotto l'occhio vigile dei responsabili del programma, e comprarmi un tot di spillette: Sid Vicious, Sex Pistols, Sid e Nancy, Clash, Kiss Army, Saxon, We're All Prostitutes e qualcos'altro.
Presi pure una mega spillona con il teschio dei Motorhead in rilievo, che persi dopo 2 giorni. Cazzo.
Ma girando per Londra con il bus vidi i miei primi veri punk inglesi crestati, proprio come quelli delle cartoline. Addirittura, un paio di loro ci fecero le famose "two fingers in the air", cioè ci mandarono a fare in culo.
A Fuckchester near Cambridge, invece, non c'era un emerito cazzo. C'erano una decina di skinheads, più o meno hooligans, tra i 15 e i 20 anni. Io manco sapevo chi erano 'sti cazzo di skins, per me erano solo punks senza capelli.
I riots di Southall erano stati solo l'anno precedente, ma io non ne sapevo un cazzo,e nemmeno sapevo che erano diventati il nemico pubblico numero uno nel Regno Unito.
Era, però, l'estate dell'82. E c'erano i mondiali di calcio in Spagna.
L'Inghilterra, da quella squadra di merda che era e che è tuttora, uscì subito al primo turno, mentre noi, dopo un inizio desolante con pareggi con squadroni di segaioli tipo Polonia e Camerun, schiantavamo Argentina, Brasile e Germania vincendo il Mundial, con Bearzot in panchina, Paolo Rossi, Zoff, Cabrini, Antognoni, Tardelli, Benetti, Altobelli, Paolo Rossi in campo, un giovanissimo Franco Baresi sempre in panchina e Pertini in tribuna a fare la ola.
Tutte le sere della fase finale, quando vincevamo, giravamo per il paesello con un bandierone tricolore urlando come deficenti. Gli inglesi, chiusi nell'unico pub, rimanevano silenti.
Tutte le sere, comunque, ci trovavamo al parco a giocare a calcio.
Non eravamo malvagi e spesso vincevamo. Io, essendo (sebbene per una manciata di mesi) tra i più grandi, stavo in attacco. Mio fratello era un più che decente portiere. un paio di altri avevano una discreta classe. La maggior parte del resto correva dietro al pallone senza costrutto alcuno.
Gli ultimi giorni che passammo nella terra d'albione tutte le squadrette locali ci volevano sfidare, loro avevano inventato il calcio, ma noi avevamo stravinto il mundial.
Sempre in quei giorni era arrivato nel parco un luna park, per cui la sera c'era un fottio di gente.
Degli inglesi si può dire di tutto, ma non che non amino le partite di calcio, quindi spesso ci succedeva di giocare con 200-300 persone di pubblico. Essendo italiani in un buco di culo di periferia inglese, voleva dire avere 200-300 tifosi CONTRO di noi.
Le nostre azioni più spettacolari erano accolte da un'assordante silenzio, mentre orrende ciabattate che finivano nella nostra rete in maniera assolutamente casuale, rimbalzando storte su una zolla tagliata male, venivano salutate dal delirio collettivo delle terraces, come fossero bombe di George Best.
Ricordo ancora una vittoria nostra per 7 a 1 (l'uno fu un autorete) dove a fine partita l'unico rumore che sentivi era la musica della giostra in lontananza.
Ricordo anche una nostra sconfitta al golden gol, dove perdemmo 13 a 12 dopo 4 ore di partita, contro una squadra di segaioli 20enni. La squadra inglese si abbracciava come se avessero battuto il Liverpool o l'Arsenal e non un gruppetto di turisti tra i 14 e i 15 anni, e il pubblico urlava a ogni gol loro e fischiava a ogni gol nostro.
L'ultima partita fu quella che mi convinse, se mai ce ne fosse stato bisogno, che gli inglesi sono un popolo di merda, salvo forse Mensi e una manciata di amici suoi.
Eravamo al solito parco per la solita partitella, quando arrivarono sette dei 10 skins di cui parlavo prima. Questi ci chiesero di fare l'ennesima sfida Italia-Inghilterra. I tipi erano tutti rasati a zero, Levi's 501, bretelle e Martin's. Alcuni degli italiani non avevano voglia di giocare ma, alla fine, riusciamo a mettere insieme i 7 azzurri necessari.
Loro avevano un paio di centrocampisti con buona visione del gioco ma con anfibi a banana, il resto erano zappaterra in bretelle e scarponi.
Ispirati dall'estro italiota del mundial, dominavamo il campo.
Io, poi, giocavo come mai più in seguito mi successe: girate al volo, dribbling, rovesciate, rasoiate da metà campo. Segnai 2 dei tre gol del "primo tempo" e gli inglesi 1.
Nella ripresa successe il fattaccio: mentre con un tiro millimetrico mi avevano crossato a centrocampo e mi involavo verso l'area, il difensore inglese, uno skin 20enne di 90 kg. per un metro e ottanta con faccia da archivio criminale, mi si para davanti. Con un paio di finte mi libero e sono pronto a tirare.
Carico il destro e, mentre sto per tirare, mi falcia da dietro. Io mi giro incazzato come una biscia urlando "rigore, cazzo, rigore!".
Guardando l'armadio a due ante che mi aveva atterrato mi accorgo che non era il momento per le regole del calcio.
Vena del collo gonfia, paonazzo in faccia una manciata di parole che non comprendevo mischiate a sacchettate di fuck this fuck that.
A un certo punto mi accorgo del pallone immobile vicino a me. E faccio la cosa più stupida che si possa fare mentre si è stesi a terra davanti a uno skin incazzato da poco meno di un quintale.
Tiro in porta.
E segno.
Un attimo dopo cominciano a piovermi anfibiate addosso che cerco di parare con le gambe (se cercate la traduzione di "boot party", è questa), mentre gli italiani in campo fuggono lontani.
Gli italiani che stavano fra il pubblico, invece, fuggono ancora più lontani.
Mio fratello, che non era un coniglio come il resto degli italiani, corre verso di me per aiutarmi ma si becca una pezza in piena faccia e finisce a terra.
Lui a terra, io pure, i 7 skins intorno e i leoni italiani lontani lontani.
Io, incapace di spiegare all'energumeno il concetto di "regola del vantaggio" nonché lo spirito sportivo che dovrebbe animare le manifestazioni sportive nella tradizione di De Coubertain, lo guardo basito mentre mi insulta fino alla terza generazione.
Fortunatamente la sua capacità di prendermi a calci era pari solo al suo controllo di palla nel futbol, se no avrebbe potutto farmi male.
Alla fine me la cavai con alcune escoriazioni sulle gambe e un livido sul braccio, niente di che.
Ma avevamo comunque vinto, anche se mi rodeva il culo di aver vinto anche per i conigli italiani che erano scappati.
Poco tempo dopo avrei iniziato ad ascoltare Angelic Upstarts, Cock Sparrer, Sham69 e Cockney Rejects pure io, mi sarei reso conto conto di un po' di cose, apprezzando più i fottuti pelati di fuckchester dei conigli che consideravo amici.
Ma quello è stato il mio Mondiale di Spagna 1982.
Da qualche parte Pertini stava fumando la pipa, probabilmente.
Io avevo 15 anni e da un paio avevo scoperto il punk, preso i miei primi dischi e le prime spillette.
Avevo il mio primo paio di anfibi: mica i Martins di voi fighette modaiole, ma anfibi militari recuperati da un parente tornato dai 12 mesi di najademmerda. Scomodi, pesanti, per nulla anfibi (nel senso che in una pozzanghera si fracicavano come spugne).
L'unica cosa che capivo era che quella musica era quello che faceva per me. Faceva scomparire nel nulla la roba che ascoltavo tra la fine anni '70 e i primi '80, dai Led Zeppelin a Guccini, da Alberto Camerini ai Village People, e pure tutto l'hard rock e metal che ascoltavo in quel periodo, Deep Purple, Saxon, Iron Maiden, Scorpions, Ac/Dc, Kiss, Accept, Hanoi Rocks.
Vabbé, a parte gli unici che reggevano il confronto: Motorhead.
Dal 1980-81, l'anno in cui ripetevo il primo anno di liceo, la mia vita fu salvata (o fottuta, dipende dai punti di vista) da God Save the Queen, White Riot, Sheena is a Punk Rocker, New Rose e tutto il resto.
Ma torniamo al 1982. E' estate. Non ho ancora 16 anni, mia madre è morta da poco più di un anno e mio padre, convinto da parenti e amici che l'inglese è importante, mandò me e mio fratello in uno di quei programmi di studio/lavoro per imparare le lingue in Inghilterra, quelli dove gli spicci casa, le loro case di merda con la moquette in bagno, e in cambio trovi in tavola un piatto di spaghetti scotti col cibo per cani che chiamano meatballs.
Naturalmente, a 15 anni dell'importanza dell'inglese te ne fotti. Io ero li per andare a Carnaby Street a comprarmi le spillette di Sid Vicious. Per andare dove c'era SEX, il negozio di Malcom Mc Laren. Per andare al 101 club o al Roxy a vedere i concerti (pochi mesi prima non ero riuscito a entrare al Rolling Stone per il concerto dei Ramones - no soldi - e mi rodeva ancora il culo).
Ero lì per il punk, cazzo.
Avrei voluto essere a Londra, ma finii in un fottuto paesotto del cazzo con gli inglesi più sfigati del mondo. Fuckchester o qualcosa del genere.
Un buco di culo circondato da prati a qualche km da Cambridge con un'unica cosa positiva: un campo di calcio.
Io e mio fratello, che aveva 1 anno meno di me, ci ritrovammo in una compagnia di venti 15enni italiani, più interessati a fare i coglioni con le ragazze locali che a vedere il London Bridge o il Big Ben, ma il programma prevedeva due gite a Londra.
Di tutto quello che volevo fare ho già detto prima. Mi riuscì solo di andare in Carnaby Street, sotto l'occhio vigile dei responsabili del programma, e comprarmi un tot di spillette: Sid Vicious, Sex Pistols, Sid e Nancy, Clash, Kiss Army, Saxon, We're All Prostitutes e qualcos'altro.
Presi pure una mega spillona con il teschio dei Motorhead in rilievo, che persi dopo 2 giorni. Cazzo.
Ma girando per Londra con il bus vidi i miei primi veri punk inglesi crestati, proprio come quelli delle cartoline. Addirittura, un paio di loro ci fecero le famose "two fingers in the air", cioè ci mandarono a fare in culo.
A Fuckchester near Cambridge, invece, non c'era un emerito cazzo. C'erano una decina di skinheads, più o meno hooligans, tra i 15 e i 20 anni. Io manco sapevo chi erano 'sti cazzo di skins, per me erano solo punks senza capelli.
I riots di Southall erano stati solo l'anno precedente, ma io non ne sapevo un cazzo,e nemmeno sapevo che erano diventati il nemico pubblico numero uno nel Regno Unito.
Era, però, l'estate dell'82. E c'erano i mondiali di calcio in Spagna.
L'Inghilterra, da quella squadra di merda che era e che è tuttora, uscì subito al primo turno, mentre noi, dopo un inizio desolante con pareggi con squadroni di segaioli tipo Polonia e Camerun, schiantavamo Argentina, Brasile e Germania vincendo il Mundial, con Bearzot in panchina, Paolo Rossi, Zoff, Cabrini, Antognoni, Tardelli, Benetti, Altobelli, Paolo Rossi in campo, un giovanissimo Franco Baresi sempre in panchina e Pertini in tribuna a fare la ola.
Tutte le sere della fase finale, quando vincevamo, giravamo per il paesello con un bandierone tricolore urlando come deficenti. Gli inglesi, chiusi nell'unico pub, rimanevano silenti.
Tutte le sere, comunque, ci trovavamo al parco a giocare a calcio.
Non eravamo malvagi e spesso vincevamo. Io, essendo (sebbene per una manciata di mesi) tra i più grandi, stavo in attacco. Mio fratello era un più che decente portiere. un paio di altri avevano una discreta classe. La maggior parte del resto correva dietro al pallone senza costrutto alcuno.
Gli ultimi giorni che passammo nella terra d'albione tutte le squadrette locali ci volevano sfidare, loro avevano inventato il calcio, ma noi avevamo stravinto il mundial.
Sempre in quei giorni era arrivato nel parco un luna park, per cui la sera c'era un fottio di gente.
Degli inglesi si può dire di tutto, ma non che non amino le partite di calcio, quindi spesso ci succedeva di giocare con 200-300 persone di pubblico. Essendo italiani in un buco di culo di periferia inglese, voleva dire avere 200-300 tifosi CONTRO di noi.
Le nostre azioni più spettacolari erano accolte da un'assordante silenzio, mentre orrende ciabattate che finivano nella nostra rete in maniera assolutamente casuale, rimbalzando storte su una zolla tagliata male, venivano salutate dal delirio collettivo delle terraces, come fossero bombe di George Best.
Ricordo ancora una vittoria nostra per 7 a 1 (l'uno fu un autorete) dove a fine partita l'unico rumore che sentivi era la musica della giostra in lontananza.
Ricordo anche una nostra sconfitta al golden gol, dove perdemmo 13 a 12 dopo 4 ore di partita, contro una squadra di segaioli 20enni. La squadra inglese si abbracciava come se avessero battuto il Liverpool o l'Arsenal e non un gruppetto di turisti tra i 14 e i 15 anni, e il pubblico urlava a ogni gol loro e fischiava a ogni gol nostro.
L'ultima partita fu quella che mi convinse, se mai ce ne fosse stato bisogno, che gli inglesi sono un popolo di merda, salvo forse Mensi e una manciata di amici suoi.
Eravamo al solito parco per la solita partitella, quando arrivarono sette dei 10 skins di cui parlavo prima. Questi ci chiesero di fare l'ennesima sfida Italia-Inghilterra. I tipi erano tutti rasati a zero, Levi's 501, bretelle e Martin's. Alcuni degli italiani non avevano voglia di giocare ma, alla fine, riusciamo a mettere insieme i 7 azzurri necessari.
Loro avevano un paio di centrocampisti con buona visione del gioco ma con anfibi a banana, il resto erano zappaterra in bretelle e scarponi.
Ispirati dall'estro italiota del mundial, dominavamo il campo.
Io, poi, giocavo come mai più in seguito mi successe: girate al volo, dribbling, rovesciate, rasoiate da metà campo. Segnai 2 dei tre gol del "primo tempo" e gli inglesi 1.
Nella ripresa successe il fattaccio: mentre con un tiro millimetrico mi avevano crossato a centrocampo e mi involavo verso l'area, il difensore inglese, uno skin 20enne di 90 kg. per un metro e ottanta con faccia da archivio criminale, mi si para davanti. Con un paio di finte mi libero e sono pronto a tirare.
Carico il destro e, mentre sto per tirare, mi falcia da dietro. Io mi giro incazzato come una biscia urlando "rigore, cazzo, rigore!".
Guardando l'armadio a due ante che mi aveva atterrato mi accorgo che non era il momento per le regole del calcio.
Vena del collo gonfia, paonazzo in faccia una manciata di parole che non comprendevo mischiate a sacchettate di fuck this fuck that.
A un certo punto mi accorgo del pallone immobile vicino a me. E faccio la cosa più stupida che si possa fare mentre si è stesi a terra davanti a uno skin incazzato da poco meno di un quintale.
Tiro in porta.
E segno.
Un attimo dopo cominciano a piovermi anfibiate addosso che cerco di parare con le gambe (se cercate la traduzione di "boot party", è questa), mentre gli italiani in campo fuggono lontani.
Gli italiani che stavano fra il pubblico, invece, fuggono ancora più lontani.
Mio fratello, che non era un coniglio come il resto degli italiani, corre verso di me per aiutarmi ma si becca una pezza in piena faccia e finisce a terra.
Lui a terra, io pure, i 7 skins intorno e i leoni italiani lontani lontani.
Io, incapace di spiegare all'energumeno il concetto di "regola del vantaggio" nonché lo spirito sportivo che dovrebbe animare le manifestazioni sportive nella tradizione di De Coubertain, lo guardo basito mentre mi insulta fino alla terza generazione.
Fortunatamente la sua capacità di prendermi a calci era pari solo al suo controllo di palla nel futbol, se no avrebbe potutto farmi male.
Alla fine me la cavai con alcune escoriazioni sulle gambe e un livido sul braccio, niente di che.
Ma avevamo comunque vinto, anche se mi rodeva il culo di aver vinto anche per i conigli italiani che erano scappati.
Poco tempo dopo avrei iniziato ad ascoltare Angelic Upstarts, Cock Sparrer, Sham69 e Cockney Rejects pure io, mi sarei reso conto conto di un po' di cose, apprezzando più i fottuti pelati di fuckchester dei conigli che consideravo amici.
Ma quello è stato il mio Mondiale di Spagna 1982.
Da qualche parte Pertini stava fumando la pipa, probabilmente.
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