VON DUTCH LIVES AND YOU SUCK
VON DUTCH LIVES AND YOU SUCK
ovvero:
POPSTARS E MISANTROPIA
Magari ai meno modaioli tra voi sarà sfuggito, ma da un anno a questa parte c'è un nome che compare nel vestiario di molte popstars americane e attori hollywoodiani, da Fred Durst, a Madonna, da Pamela Anderson a Vin Diesel, da Britney Spears a Robbie Williams, da Kid Rock ai Linkin Park, da Leonardo Di Caprio a Nicholas Cage.
E' un nome che è cominciato a comparire sulle popolari (fatte le dovute proporzioni) spalle degli Articolo 31 e di DJ Francesco e, tempo qualche mese, sarà su molte altre più in fondo alla scala di popolarità.
Quindi, a pioggia, addosso a ggiovani, tamarri e wannabe.
Quel nome è VON DUTCH.
Il problema è che Von Dutch non è un nome qualunque. Non è un ex sportivo che lancia la sua linea d'abbigliamento, non è un marchio fashon che cerca uno straccio di street vibe, non è un nome che lustrini e paillettes, aperitivi trendy, creativi sfigati, giornalisti ignoranti e sfilate di moda possano sperare di creare, modificare o imitare.
Diciamolo, Von Dutch, in persona, alla maggior parte di questa gente sputerebbe in faccia. Anzi, un po' di anni fa fu arrestato per aver sparato a qualche rompicoglioni di questa fatta...
La funzione di molto streetwear è fondamentalmente una: dare un'immagine "stradaiola" senza necessariamente averla vissuta, la vita di strada.
Ma se ti puoi comprare un'immagine da duro, quello che non puoi comprare sono le palle d'acciaio di chi non è mai sceso a compromessi, né con sè né con gli altri.
E allora raccontiamola la storia di Von Dutch. Raccontiamola la storia di questo eroe perdente, di questo pittore, meccanico, armaiolo, ubriacone, flautista e pazzo visionario, il cui nome ora decora le tette di Britney Spears come la cirrosi epatica decorò il suo fegato negli ultimi anni di vita.
Ultima nota: la maggior parte di quello che leggete l'ho già scritto anni fa, nell'ultimo numero cartaceo di I Don't Care! punkzine, uscito nel giugno 2000, che ospitava un articolo su Von Dutch.
Ma basta cazzate, andiamo a incominciare.
LE ORIGINI
Robert Kenneth Howard nasce nel 1932 a Los Angeles, nei sobborghi di Maywood a sud di LA.
Kenny Howard ha 15 anni quando va a lavorare al negozio di moto di George Beerup. Da poco è finita la seconda guerra mondiale e l'america entra nella seconda metà degli anni 40.
Kenny entra nel negozio come meccanico, in seguito come verniciatore e decoratore delle moto che lì erano elaborate e vendute.
Suo padre era un decoratore e designer e, fin da piccolo, Kenny si esercita con i pennelli del padre. La sua specialità era il pinstriping, uno stile di decorazione per auto e moto che consiste nella decorazione mediante linee intersecate di fiancate, cofani e parti delle lamiere.
Il pinstriping, negli anni 40 è un'arte morta. Le ultime auto decorate a questa maniera escono dalle fabbriche della General Motors nel 1938 ma, all'alba degli anni 50, Kenny reinventa questa perduta arte con il proprio inconfondibile stile.
I lavori che esegue sono apprezzati dal suo capo, che lo sposta dal reparto meccanico a quello di verniciatura e striping. Nel giro di pochissimo tempo le sue opere diventano richiestissime da bikers e hotrodders e famose in tutto il sud della California.
Famoso diventa anche il suo soprannome, con cui diventerà uno dei padri della Kustom Kulture: VON DUTCH.
Per tutti gli anni 50 il nome Von Dutch significa il meglio del pinstriping e delle decorazioni su auto e moto. Comincia ad arrivare gente da tutti gli states per avere il proprio mezzo decorato da lui. Cominciano anche ad arrivare le star hollywoodiane appassionate di auto e moto veloci, da James Dean a Steve Mc Queen.
Il suo nome stesso divenne sinonimo di pinstriping. L'aggettivo che era usato per descrivere le auto e moto da lui decorate non era "decorated" o "pinstripped", ma "dutched".
Se sei famoso il tuo nome è conosciuto da tutti, ma quando il tuo nome diventa un aggettivo sei oltre la fama. Sei Storia.
Ma la fama raggiunta, Von Dutch non l'ha mai volta, anzi. Gli dava fastidio.
Ogni mese raddoppiava i prezzi per scoraggiare i troppi clienti, ma era un accorgimento inutile. La gente arrivava comunque, non chiedeva nemmeno soggetti specifici. Chiedeva solo in quanto tempo sarebbe stata pronta. I soggetti erano partoriti dalla testa di Von Dutch, strani, unici e spesso pieni dei suoi demoni interiori.
Von Dutch non si considerava un artista, ma un artigiano.
"Sono prima di tutto un meccanico" diceva "se potessi fare come vorrei costruirei armi! Mi piace fare cose in metallo, perchè il metallo è eterno. Quando dipingi qualcosa, quanto dura? Qualche anno, poi scompare!".
Nel 1958, improvvisamente, Von Dutch abbandona completamente il pinstriping.
Lascia campo libero a decine di ammiratori e imitatori che ne continueranno la tradizione, dai fratelli Barris a Ed "Big Daddy" Roth, da Shackey Jack a molti altri, e scompare dalla scena hot rod.
Scompare nel vero senso della parola: da un giorno all'altro nessuno, nemmeno i pochi amici, sanno dove sia finito.
VON DUTCH E I SOLDI
Von Dutch, nonostante la sua fama, non divenne mai ricco con il suo lavoro. Non che cercasse di diventarlo, anzi. Odiava proprio i soldi: "Per me è importante rimanere alle soglie della povertà. Non ho un paio di pantaloni senza buchi e l'unico paio di scarpe che possiedo è quello che ho addosso ora." disse, in un'intervista del 1965 "non accaparro cose non necessarie, così, per vivere, non mi servono molti soldi. Credo che questo sia l'unico modo possibile per me. C'è una "battaglia" che devi combattere, e se fai un sacco di soldi questo non fa scomparire la "battaglia". La rende solo più complicata".
Odiava l'aspetto commerciale del suo lavoro e credeva che fosse impossibile concentrarsi sul fare un buon lavoro se ci si preoccupava dei soldi.
IL BUS DI VON DUTCH
Negli anni 60 Von Dutch si fece regalare da una donna, in cambio di qualche lavoro, il rottame di un bus scolastico, lo rimise a posto, lo ristrutturò e modificò, trasformandolo nella sua casa-officina. All'interno c'era solo un letto, 150 manuali di meccanica, tutte le sue macchine da lavoro, gli utensili e limatura di ferro a coprire quasi tutto.
Aveva una memoria mostruosa. Riusciva a citare a memoria interi capitoli dei libri che aveva, descrivendo pure le immagini nei minimi particolari...
VON DUTCH IS BACK
Dopo dieci anni, Von Dutch ricompare. Si trova in Arizona dove, con la sua famiglia, aveva cercato di fare una vita "normale", una casa, il bar-b-que, la station wagon.
Per campare costruiva coltelli e pistole istoriati con i suoi disegni, qualche lavoro sulle carrozzerie delle auto dei vicini, riverniciature e altro.
La vita domestica però non faceva per lui. A metà degli anni 70 tornò in California, questa volta per fare il custode e il riparatore del museo di automobili della Collezione Brucker "Cars Of The Stars".
La famiglia Brucker gli diede un lavoro e una casa collegata al magazzino, in cui per lungo tempo si rinchiuse.
Misantropo, riguardo a lui, non è un termine molto lontano dalla realtà: rimaneva sempre chiuso in officina a fare i suoi lavori, scacciando chiunque venisse a trovarlo, specialmente se arrivava dotato di un'uniforme o di un taccuino da giornalista.
Fu proprio in questi anni che sparò a un giornalista di Cleveland che voleva intervistarlo.
Sempre in questi anni realizzo alcune delle sue opere più originali: coltelli scolpiti e istoriati a scatto, moto, auto. Perfino una televisione che funzionava a vapore!
FLYING EYEBALL
L'occhio alato, che divenne il suo logo, è stato copiato da decine di artisti e grafici.
Per lui significava "L'occhio nel cielo che sa tutto e vede tutto".
Derivava da delle immagini dell'antico Egitto che aveva visto e reinterpretato, ed erano legate alla sua fede nella reincarnazione (come, non lo so).
LIFE'S HARD, THEN YOU DIE
La vita di Von Dutch fu vera vita di strada, inconsueta, unica. E dura, molto dura.
Alcune delle sue cattive abitudini ebbero, alla fine, l'ultima parola. Una cirrosi epatica e un ascesso allo stomaco lo piegarono. Non aveva mai amato i dottori, ma quando i dolore diventò troppo e si decise a farsi visitare era già troppo tardi.
Morì il 19 settembre del 1992, lasciando due figlie, Lisa e Lorna.
I SOLDI COMPRANO TUTTO?
Come fu che il nome Von Dutch, da soprannome di un ragazzo di strada geniale ma violento, capace di costruirsi qualunque cosa ma non di interagire con la gran parte della gente, ribelle a tutto fino all'ultimo, è diventato un marchio per inutili popstar e i loro inutili fans?
Nel 1997 quattro giovani hotrodder decidono di realizzare e vendere i capi di vestiario tipici della kustom e biker kulture, quegli abiti e accessori vintage che erano oramai impossibili da trovare nei mercatini dell'usto, se non a prezzi assurdi.
Cominciano così a produrre e vendere, nel negozio che aprirono a Huntinghton Beach, giubbotti di pelle o di jeans, accessori e t-shirts, dando una percentuale sul venduto alle figlie di Von Dutch, per l'uso del nome Von Dutch Garage. Da loro comprai, al raduno hot rod di Plesanton in California, una t-shirt completa di pinstriping e scritta Von Dutch Lives per cinque dollari.
Ma la loro attività, per quanto di ottima qualità, non durò a lungo.
Poco tempo dopo il marchio fu rilevato da Tonni Sorensen, manager di moda di successo, che acquistò i diritti del nome e aprì un negozio nella trendyssima Melrose Avenue (Von Dutch Originals), calamitando nel giro di poco tempo attori, popstar e trendsetters.
Certo, alcuni suoi clienti conoscono e rispettano ciò che Von Dutch realmente era, essendo appassionati di hot rod e kustom (vedi Leonardo Di Caprio, Nicholas Cage, Peter Fonda o James Hetfield dei Metallica), ma per gli altri... è solo il marchio trendy del momento.
Vabbè. Le mode passano. Si tratta solo di sopportare qualche tamarro sfigato con addosso un nome di cui non conosce il significato.
Quando Robbie Williams e tutti gli altri, con rispettivi fan urlanti, passeranno alla prossima tendenza di successo, il nome di Von Dutch tornerà a essere quello che è sempre stato: il soprannome di una persona che è stata al 100% sè stessa, e che a soldi, compromessi, sicurezze e mode ci ha sempre sputato sopra.
ovvero:
POPSTARS E MISANTROPIA
Magari ai meno modaioli tra voi sarà sfuggito, ma da un anno a questa parte c'è un nome che compare nel vestiario di molte popstars americane e attori hollywoodiani, da Fred Durst, a Madonna, da Pamela Anderson a Vin Diesel, da Britney Spears a Robbie Williams, da Kid Rock ai Linkin Park, da Leonardo Di Caprio a Nicholas Cage.
E' un nome che è cominciato a comparire sulle popolari (fatte le dovute proporzioni) spalle degli Articolo 31 e di DJ Francesco e, tempo qualche mese, sarà su molte altre più in fondo alla scala di popolarità.
Quindi, a pioggia, addosso a ggiovani, tamarri e wannabe.
Quel nome è VON DUTCH.
Il problema è che Von Dutch non è un nome qualunque. Non è un ex sportivo che lancia la sua linea d'abbigliamento, non è un marchio fashon che cerca uno straccio di street vibe, non è un nome che lustrini e paillettes, aperitivi trendy, creativi sfigati, giornalisti ignoranti e sfilate di moda possano sperare di creare, modificare o imitare.
Diciamolo, Von Dutch, in persona, alla maggior parte di questa gente sputerebbe in faccia. Anzi, un po' di anni fa fu arrestato per aver sparato a qualche rompicoglioni di questa fatta...
La funzione di molto streetwear è fondamentalmente una: dare un'immagine "stradaiola" senza necessariamente averla vissuta, la vita di strada.
Ma se ti puoi comprare un'immagine da duro, quello che non puoi comprare sono le palle d'acciaio di chi non è mai sceso a compromessi, né con sè né con gli altri.
E allora raccontiamola la storia di Von Dutch. Raccontiamola la storia di questo eroe perdente, di questo pittore, meccanico, armaiolo, ubriacone, flautista e pazzo visionario, il cui nome ora decora le tette di Britney Spears come la cirrosi epatica decorò il suo fegato negli ultimi anni di vita.
Ultima nota: la maggior parte di quello che leggete l'ho già scritto anni fa, nell'ultimo numero cartaceo di I Don't Care! punkzine, uscito nel giugno 2000, che ospitava un articolo su Von Dutch.
Ma basta cazzate, andiamo a incominciare.
LE ORIGINI
Robert Kenneth Howard nasce nel 1932 a Los Angeles, nei sobborghi di Maywood a sud di LA.
Kenny Howard ha 15 anni quando va a lavorare al negozio di moto di George Beerup. Da poco è finita la seconda guerra mondiale e l'america entra nella seconda metà degli anni 40.
Kenny entra nel negozio come meccanico, in seguito come verniciatore e decoratore delle moto che lì erano elaborate e vendute.
Suo padre era un decoratore e designer e, fin da piccolo, Kenny si esercita con i pennelli del padre. La sua specialità era il pinstriping, uno stile di decorazione per auto e moto che consiste nella decorazione mediante linee intersecate di fiancate, cofani e parti delle lamiere.
Il pinstriping, negli anni 40 è un'arte morta. Le ultime auto decorate a questa maniera escono dalle fabbriche della General Motors nel 1938 ma, all'alba degli anni 50, Kenny reinventa questa perduta arte con il proprio inconfondibile stile.
I lavori che esegue sono apprezzati dal suo capo, che lo sposta dal reparto meccanico a quello di verniciatura e striping. Nel giro di pochissimo tempo le sue opere diventano richiestissime da bikers e hotrodders e famose in tutto il sud della California.
Famoso diventa anche il suo soprannome, con cui diventerà uno dei padri della Kustom Kulture: VON DUTCH.
Per tutti gli anni 50 il nome Von Dutch significa il meglio del pinstriping e delle decorazioni su auto e moto. Comincia ad arrivare gente da tutti gli states per avere il proprio mezzo decorato da lui. Cominciano anche ad arrivare le star hollywoodiane appassionate di auto e moto veloci, da James Dean a Steve Mc Queen.
Il suo nome stesso divenne sinonimo di pinstriping. L'aggettivo che era usato per descrivere le auto e moto da lui decorate non era "decorated" o "pinstripped", ma "dutched".
Se sei famoso il tuo nome è conosciuto da tutti, ma quando il tuo nome diventa un aggettivo sei oltre la fama. Sei Storia.
Ma la fama raggiunta, Von Dutch non l'ha mai volta, anzi. Gli dava fastidio.
Ogni mese raddoppiava i prezzi per scoraggiare i troppi clienti, ma era un accorgimento inutile. La gente arrivava comunque, non chiedeva nemmeno soggetti specifici. Chiedeva solo in quanto tempo sarebbe stata pronta. I soggetti erano partoriti dalla testa di Von Dutch, strani, unici e spesso pieni dei suoi demoni interiori.
Von Dutch non si considerava un artista, ma un artigiano.
"Sono prima di tutto un meccanico" diceva "se potessi fare come vorrei costruirei armi! Mi piace fare cose in metallo, perchè il metallo è eterno. Quando dipingi qualcosa, quanto dura? Qualche anno, poi scompare!".
Nel 1958, improvvisamente, Von Dutch abbandona completamente il pinstriping.
Lascia campo libero a decine di ammiratori e imitatori che ne continueranno la tradizione, dai fratelli Barris a Ed "Big Daddy" Roth, da Shackey Jack a molti altri, e scompare dalla scena hot rod.
Scompare nel vero senso della parola: da un giorno all'altro nessuno, nemmeno i pochi amici, sanno dove sia finito.
VON DUTCH E I SOLDI
Von Dutch, nonostante la sua fama, non divenne mai ricco con il suo lavoro. Non che cercasse di diventarlo, anzi. Odiava proprio i soldi: "Per me è importante rimanere alle soglie della povertà. Non ho un paio di pantaloni senza buchi e l'unico paio di scarpe che possiedo è quello che ho addosso ora." disse, in un'intervista del 1965 "non accaparro cose non necessarie, così, per vivere, non mi servono molti soldi. Credo che questo sia l'unico modo possibile per me. C'è una "battaglia" che devi combattere, e se fai un sacco di soldi questo non fa scomparire la "battaglia". La rende solo più complicata".
Odiava l'aspetto commerciale del suo lavoro e credeva che fosse impossibile concentrarsi sul fare un buon lavoro se ci si preoccupava dei soldi.
IL BUS DI VON DUTCH
Negli anni 60 Von Dutch si fece regalare da una donna, in cambio di qualche lavoro, il rottame di un bus scolastico, lo rimise a posto, lo ristrutturò e modificò, trasformandolo nella sua casa-officina. All'interno c'era solo un letto, 150 manuali di meccanica, tutte le sue macchine da lavoro, gli utensili e limatura di ferro a coprire quasi tutto.
Aveva una memoria mostruosa. Riusciva a citare a memoria interi capitoli dei libri che aveva, descrivendo pure le immagini nei minimi particolari...
VON DUTCH IS BACK
Dopo dieci anni, Von Dutch ricompare. Si trova in Arizona dove, con la sua famiglia, aveva cercato di fare una vita "normale", una casa, il bar-b-que, la station wagon.
Per campare costruiva coltelli e pistole istoriati con i suoi disegni, qualche lavoro sulle carrozzerie delle auto dei vicini, riverniciature e altro.
La vita domestica però non faceva per lui. A metà degli anni 70 tornò in California, questa volta per fare il custode e il riparatore del museo di automobili della Collezione Brucker "Cars Of The Stars".
La famiglia Brucker gli diede un lavoro e una casa collegata al magazzino, in cui per lungo tempo si rinchiuse.
Misantropo, riguardo a lui, non è un termine molto lontano dalla realtà: rimaneva sempre chiuso in officina a fare i suoi lavori, scacciando chiunque venisse a trovarlo, specialmente se arrivava dotato di un'uniforme o di un taccuino da giornalista.
Fu proprio in questi anni che sparò a un giornalista di Cleveland che voleva intervistarlo.
Sempre in questi anni realizzo alcune delle sue opere più originali: coltelli scolpiti e istoriati a scatto, moto, auto. Perfino una televisione che funzionava a vapore!
FLYING EYEBALL
L'occhio alato, che divenne il suo logo, è stato copiato da decine di artisti e grafici.
Per lui significava "L'occhio nel cielo che sa tutto e vede tutto".
Derivava da delle immagini dell'antico Egitto che aveva visto e reinterpretato, ed erano legate alla sua fede nella reincarnazione (come, non lo so).
LIFE'S HARD, THEN YOU DIE
La vita di Von Dutch fu vera vita di strada, inconsueta, unica. E dura, molto dura.
Alcune delle sue cattive abitudini ebbero, alla fine, l'ultima parola. Una cirrosi epatica e un ascesso allo stomaco lo piegarono. Non aveva mai amato i dottori, ma quando i dolore diventò troppo e si decise a farsi visitare era già troppo tardi.
Morì il 19 settembre del 1992, lasciando due figlie, Lisa e Lorna.
I SOLDI COMPRANO TUTTO?
Come fu che il nome Von Dutch, da soprannome di un ragazzo di strada geniale ma violento, capace di costruirsi qualunque cosa ma non di interagire con la gran parte della gente, ribelle a tutto fino all'ultimo, è diventato un marchio per inutili popstar e i loro inutili fans?
Nel 1997 quattro giovani hotrodder decidono di realizzare e vendere i capi di vestiario tipici della kustom e biker kulture, quegli abiti e accessori vintage che erano oramai impossibili da trovare nei mercatini dell'usto, se non a prezzi assurdi.
Cominciano così a produrre e vendere, nel negozio che aprirono a Huntinghton Beach, giubbotti di pelle o di jeans, accessori e t-shirts, dando una percentuale sul venduto alle figlie di Von Dutch, per l'uso del nome Von Dutch Garage. Da loro comprai, al raduno hot rod di Plesanton in California, una t-shirt completa di pinstriping e scritta Von Dutch Lives per cinque dollari.
Ma la loro attività, per quanto di ottima qualità, non durò a lungo.
Poco tempo dopo il marchio fu rilevato da Tonni Sorensen, manager di moda di successo, che acquistò i diritti del nome e aprì un negozio nella trendyssima Melrose Avenue (Von Dutch Originals), calamitando nel giro di poco tempo attori, popstar e trendsetters.
Certo, alcuni suoi clienti conoscono e rispettano ciò che Von Dutch realmente era, essendo appassionati di hot rod e kustom (vedi Leonardo Di Caprio, Nicholas Cage, Peter Fonda o James Hetfield dei Metallica), ma per gli altri... è solo il marchio trendy del momento.
Vabbè. Le mode passano. Si tratta solo di sopportare qualche tamarro sfigato con addosso un nome di cui non conosce il significato.
Quando Robbie Williams e tutti gli altri, con rispettivi fan urlanti, passeranno alla prossima tendenza di successo, il nome di Von Dutch tornerà a essere quello che è sempre stato: il soprannome di una persona che è stata al 100% sè stessa, e che a soldi, compromessi, sicurezze e mode ci ha sempre sputato sopra.
UOMO TI RINGRAZIO PER AVER PUNTUALIZZATO LA SITUAZIONE. IO HO SENTITO UNA STRETTA AL CUORE QUANDO SEPPI DEL "NUOVO" E BLASFEMO MARCHIO von dutch; PURTROPPO CONTRO UNA MASSA UNIFICATA DI DEFICIENTI MODAIOLI CHE TUTTO CIO' CHE FA' TENDENZA VESTONO è DIFFICILE DIGERIRE IL NOME DI UN PIONIERE O DI UN RIVOLUZIONATORE (QUALSIVOGLIA) DI QUESTO CALIBRO "UNICO ED INCOMPARABILE" ASSOCIATO AD UNA BLANDA MODA DEL MOMENTO. QUANDO LI VEDO PER STRADA RIDACCHIO TRA ME E ME PER COME SFOGGIANO FIERI, DI PARI PASSO ALLA PROPRIA IGNORANZA IL LORO CAPO FIRMATO. MI SONO SENTITO APPAGATO SOLO QUANDO HO PENSATO CHE: ALLA FINE NON SI MERITANO DI CONOSCERE IL VISSUTO DI QUEL NOME E DI QUELL'UOMO TANTO NOBILE NEI PRINCIPI (PRIMO IN CUI TRONEGGIA IL NON ESSER SCHIAVO AL DIO DENARO). EBBENE SI MEGLIO CHE RIMANGA NELLA STORIA PER CHI DEVOTO LO CONOSCE E VUOLE MANTENERE VIVO IL SUO SPIRITO.
RispondiEliminaGRAZIE
MAYKOLGARAGE
Non c'è di che!
RispondiEliminaQuando ci vuole ci vuole...