PER LE STRADE DI LAMBROOKLYN: WHITE WEDDING
PER LE STRADE DI LAMBROOKLYN: WHITE WEDDING
ovvero:
EVEN DRUNK PUNKS GET MARRIED
Corrado e Titti si sono sposati sabato scorso. Molti si chiederanno perché.
Magari perché dopo dieci anni che stanno insieme volevano vivacizzare il rapporto.
Magari perché era una scusa buona per tenere chiuso il negozio al sabato.
Magari perché Corrado passa troppo tempo con giovinetti sbarbati nel dungeon di Dauntaun.
Magari perché, con la gnugna a 200 al grammo tutto è troppo destroy e comunque sono meglio i Terror.
Magari perché essendosi conosciuti per le strade di Lambrooklyn mi davano lo spunto per una nuova puntata della saga.
Magari perché.
Arriviamo alle 11.00 all'Arena di Milano dove, in uno spazio tolto alle palestre dell'ardimento mussoliniano, l'alacre governo cittadino ha installato una sala comunale etnobarocca.
Incrociata per strada, la Fagghiomachine arancione contiene i 4 camerieri di Dauntaun in divisa d'ordinanza, tra cui spicca Marrabbio in un misto-lino le cui trasparenze non nascondono nè i tatuaggi nè l'assoluta mancanza di muscoli pettorali.
Il resto degli invitati arrivano per gruppi d'interesse:
I PARENTI DEGLI SPOSI, che, abituati alle ruspanti maniere dello sposo e alle dubbie frequentazioni della sposa, non sono per niente impressionati dalla folta rappresentanza di punk, tatuati e ubriaconi vestiti a festa, e commentano l'ambaradan in slang ostico ai non meneghini.
Io eleggo capo della scena un signore la cui imponente panza mette sotto il tavolo tutti i falsi magri tra noi figli degli anni 60-70.
La VECCHIA SCUOLA, compresa di ex frequentatori della scena hc con prole, compagni di sbronze al bancone del Totem e compagni di lotte tra gli scavezzacollo del movimentismo autonomèn, il cui concetto di "vestito elegante" è eviscerato da film come Goodfellas, Donnie Brasco, Le Iene, ma sopratutto Amici Miei.
La MILANO HARDCORE CHOZEN FEW, composta dai 4 camerieri dell'apocalisse (che, pur essendo MIHC comprendono 1 Milanès, 1 brianzolo e 2 valtellinesi...), Mayo, l'UomoEmo con signora, Ciano DeCrew (anche autista della carrozza reale), la dark princess del punk milanese, la Marghe, Flipper (vestito da spacciatore di liquirizia d'alto bordo con un completo Marzotto d'altri tempi).
Ci sono anche io che, sborone come sempre, potrei inserirmi in qualunque categoria. Beh, salvo quella di parente, occhei.
A celebrare l'unione, una vecchia conoscenza: Davide "Atomo" Tinelli, recentemente trombato alle elezioni europee ma pur sempre, anche se per poco, consigliere comunale rifondarolo, che ha sciorinato il suo repertorio di consumato cabarettista della politica. Questa volta si è ricordato di mettersi i pantaloni, per fortuna. Ma la storia dei pantaloni ve la raconto un'altra volta.
Mentre si aspetta il nostro turno arriva un invitato di altro matrimonio con un Mercedes Kompressor, che frena sgommando e sollevando nuvole di sabbia. Uno sguardo alla folla circostante lo fa prostrarsi in sentite scuse per la sua villania.
Come già detto, il concetto d'eleganza per la cermonia aveva margini assai vaghi. Paul, essendo scozzese, sfoggiava il kilt del clan d'appartenenza, un mezzo metro di dredlocks e gli usuali Dr. Martin rinforzati, che Braveheart gli faceva una ricca sega. Paolino (Minies, LaCrisi, ecc.) comprometteva la sua camerieresca eleganza con un paio di AllStar devastate. Di Marrabbio ho già detto. Max Trono, che di lavoro fa il fotografo per riviste di moto e di musica, era promosso a fotografo di matrimoni e, confesso avendo visto alcune foto in anteprima sul suo portatile, dimostrava rara abilità. Segnalo l'esistenza di una foto con la Titti in braccio a Corrado il cui primo piano ginecologico sarà probabilmente censurato nell'edizione dell'album per il parentado.
Finita la breve cerimonia, in cui si è saltata la nota frase "chi ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre!" che avrebbe dato la stura ad una selva di braccia tese a prender la parola, ci si è scapicollati all'esterno, dove l'usuale riso lanciato spiegava la presenza di un grasso stormo di floridi piccioni sulle modanature dell'antico stadio dedicato al "Giuanìn" Brera.
Da qui l'allegra comitiva si è automunita per affrontare i meandri della Brianza, i cerca dell'alacre borgo di Briosco, verdeggiante collina sovrastante un piano di capannoni e mobilifici.
Ivi giunti, nel giardino del risotrante, si è dato inizio agli aperitivi, inframezzo ai quali mi sono scofanato mezza teglia di olive ascolane innaffiate da abbondanti dosi di prosecco.
Poco dopo ci si è spostati all'interno del locale. Ma "all'interno" sono parole grosse. Eravamo in una grossa veranda che dilagava nel cortile.
A questo punto occorre spiegare l'edilizia dei locali pubblici brianzoli: si acquista un casolare e si apre un ristorante. Una volta fatti abbastanza daneè si costruisce una veranda mobile. Dopo qualche anno che la veranda mobile non si muove la si considera una veranda fissa e si tirano su pareti e finestre. Intanto il capanno sul lato, dove ci sta a malapena una falciaerba, diventa un box doppio con annesso locale attrezzi. E un paio di cessi, che non si sa mai se c'è l'urgenza. Dietro c'è una collina, perchè non inserirla nelle facilities del ristorante? si fa realizzare dal fabbro una scala in ferro battuto che oltrepassa il muro di contenimento del cortile. A questo punto qualcuno, in comune, deve aver mugugnato che se si fa una scala sarebbe buona norma farci un parapetto sopra quei 2 metri di muretto. Ma il parapetto è lungo, e costa. Quindi si mette una rete appoggiata, che vieterebbe ai "non addetti" la salita della scala, in attesa di tempi migliori. Intanto si apre un cancello verso il giardino pubblico coi giochi bimbi e si chiude quello verso strada con la scusa dei pericoli del traffico, mentre il parcheggio esterno viene allargato per farci fare manovra ai tir in pausa pranzo. Si aspetta il condono, ci si mette in regola e ci si prepara ai futuri ampliamenti.
Data un'occhiata al menù è subito comprensibile che la tavolata MIHC avrà qualche problema: dei 12 al nostro tavolo 5 sono vegetariani e 1 più o meno (qualche volta mangia il pesce).
Io cito lo sketch di Schifani in una vecchia puntata di Mai Dire Domenica: "adesso non è che per due malati dobbiamo mangiare erba tutti quanti!", attirandomi sguardi di rimprovero dai commensali, ma mi offro di svuotare i loro piatti dagli antipasti di affettati e dall'insalata di polipo per lasciargli spazio a una striminzita insalatina.
Il primo sembra rinfrancarli, essendo un risotto. Qualcuno, infame come un Franti d'antan, insinua il sospetto che sia stato fatto con brodo di pollo, ma essendo in un ristorante di micragnosi brianzoli si suppone l'uso del dado, che una preoccupata cameriera giura essere vegetale. Per recuperare, Paolino chiede il bis. E poi il tris. E poi ne chiede ancora. Il cameriere, esacerbato, gli svuota la teglia nel piatto in un instabile montarozzo.
I secondi constano di pesce e carne. AI veggies viene recapitato un piatto di verdure alla griglia che per quantità rivaleggia con la più bieca nouvelle cousine. Io prendo doppia razione di tutto, innaffiando in quantità con rossi e bianchi a piacere.
Intanto cori selvaggi si sollevano indirizzati alla coppia di sposi, isolata in un tavolino da due posti.
Ogni tanto, qualcuno esce a fumarsi una sigaretta o a godersi la brezza pomeridiana.
Alcuni dei vecchi scenesters sono dotati di prole, che scorazza urlante tra i gochi bimbi e il cortile.
In un momento di calma mi siedo scomposto su una piccola giostra, per godermi rilassato il cilindretto di cancerosa.
I bambini e le bambine presenti, trovando la cosa curiosa, decidono di rendermi partecipe dei loro giochi. La scena è: due bambine e tre bambini, tra i 4 e gli 8 anni che, a turno, spingono una giostra carica di 87 kili di me.
Federico, il figlio di Sandro della Crota Piemuntesa, nota trattoria dietro le Colonne di S. Lorenzo, assolutamente scevro di ogni legge di fiscia e dinamica, nella sua potenza muscolare di atletico quattrenne è il più compreso dalla sua funzione di motore della giostra. E' meno conscio, altresì, delle leggi fisiche per cui, quando la giostra ha preso velocità, se non stacchi le mani vieni trascinato per terra.
Intanto gli sguardi severi dei genitori mi fanno capire che l'uso dei muscoli in seminale formazione della relativa prole per mio diletto non è socialmente accettabile.
Io cerco di replicare con uno sguardo che dimostri il fatto che stavo sulla giostra a farmi a) una sigaretta, b) gli emeriti cazzi miei, c) la prole in questione agiva motu proprio, ma il rischio di della slogatura dei sopraccigli mi ha fatto ricorrere a una sintetica e sbarazzina alzata di spalle.
Naturalmente i bimbi, conquistata la giostra, hanno preteso che gli restituissi il favore. Me la sono cavata con non poche decine di spinte, tra continui urli "più forte, più forte!" che si sarebbero arresi solo all'eventuale decollo dell'attrezzo dal suolo cui era fissato.
Per fortuna accenni di vomito a schizzo del temerario Federico hanno convinto i suoi compagni di giochi a scegliere sollazzi meno rischiosi.
Intanto la Maghella confezionava palloncini antropomorfi che suscitavano un ridottissimo interesse nei bimbi e maggiore nei genitori.
La partita di calcio in corso nel parcheggio attirava gli interessi delle tre generazioni presenti, ma il gioco maschio sviluppatosi sul ruvido asfalto teneva a debita distanza giovani virgulti e anziani parenti, timorosi della appesantita prestanza di diversi 30-40enni tatuati, sudati e obnubilati da vino e libagioni.
La giornata volge così al desio. E' il momento delle foto di rito: taglio della torta multipiano, stappaggio dello spumante, gli sposi con i parenti, la sposa con le amiche, lo sposo con gli amici.
Anni di concerti hardcore hanno lasciato il segno, però: la foto "lo sposo con gli amici" si trasforma in un mucchio selvaggio sullo sposo con stage diving dal muretto retrostante. Lo sposo riemerge paonazzo dal mucchio, minacciando sfracelli a destra e a manca.
Cocò e Tittì distribuiscono le "bomboniere", che non saprei come altro chiamare. Infatti, ogni partecipante viene fornito di un cd realizzato per l'occasione, in cui gli sposi hanno messo i loro pezzi preferiti, in ordine alfabetico, partendo dalla B di Bad Brains alla S di Suicidal Tendencies.
Un inutile orpello per il parentado, ma una gustosa chicca per tutta la cricca.
E' il momento dei saluti, gli amici se ne vanno, i parenti si guardano in giro, i camerieri raccolgono gli avanzi del pasto e i cocci di quel che si è rotto. Corrado e Titti tirano il fiato.
Noi si saluta e ci si avventura sulla Lecco-Milano, con la pancia piena e la palpebra a mezz'asta.
Ma la strada è dritta e l'ora non è tarda.
Giunti alla magione c'è anche tempo per un riposino prima di uscire, che stasera c'è la notte bianca.
Alle 2.00, al Totem, davanti a una birra o un Cuba Libre, la stessa gente che c'era il pomeriggio e la mattina, dopo aver messo a nanna i fantolini.
Sem semper chi.
Chettelodicoaffare?
ovvero:
EVEN DRUNK PUNKS GET MARRIED
Corrado e Titti si sono sposati sabato scorso. Molti si chiederanno perché.
Magari perché dopo dieci anni che stanno insieme volevano vivacizzare il rapporto.
Magari perché era una scusa buona per tenere chiuso il negozio al sabato.
Magari perché Corrado passa troppo tempo con giovinetti sbarbati nel dungeon di Dauntaun.
Magari perché, con la gnugna a 200 al grammo tutto è troppo destroy e comunque sono meglio i Terror.
Magari perché essendosi conosciuti per le strade di Lambrooklyn mi davano lo spunto per una nuova puntata della saga.
Magari perché.
Arriviamo alle 11.00 all'Arena di Milano dove, in uno spazio tolto alle palestre dell'ardimento mussoliniano, l'alacre governo cittadino ha installato una sala comunale etnobarocca.
Incrociata per strada, la Fagghiomachine arancione contiene i 4 camerieri di Dauntaun in divisa d'ordinanza, tra cui spicca Marrabbio in un misto-lino le cui trasparenze non nascondono nè i tatuaggi nè l'assoluta mancanza di muscoli pettorali.
Il resto degli invitati arrivano per gruppi d'interesse:
I PARENTI DEGLI SPOSI, che, abituati alle ruspanti maniere dello sposo e alle dubbie frequentazioni della sposa, non sono per niente impressionati dalla folta rappresentanza di punk, tatuati e ubriaconi vestiti a festa, e commentano l'ambaradan in slang ostico ai non meneghini.
Io eleggo capo della scena un signore la cui imponente panza mette sotto il tavolo tutti i falsi magri tra noi figli degli anni 60-70.
La VECCHIA SCUOLA, compresa di ex frequentatori della scena hc con prole, compagni di sbronze al bancone del Totem e compagni di lotte tra gli scavezzacollo del movimentismo autonomèn, il cui concetto di "vestito elegante" è eviscerato da film come Goodfellas, Donnie Brasco, Le Iene, ma sopratutto Amici Miei.
La MILANO HARDCORE CHOZEN FEW, composta dai 4 camerieri dell'apocalisse (che, pur essendo MIHC comprendono 1 Milanès, 1 brianzolo e 2 valtellinesi...), Mayo, l'UomoEmo con signora, Ciano DeCrew (anche autista della carrozza reale), la dark princess del punk milanese, la Marghe, Flipper (vestito da spacciatore di liquirizia d'alto bordo con un completo Marzotto d'altri tempi).
Ci sono anche io che, sborone come sempre, potrei inserirmi in qualunque categoria. Beh, salvo quella di parente, occhei.
A celebrare l'unione, una vecchia conoscenza: Davide "Atomo" Tinelli, recentemente trombato alle elezioni europee ma pur sempre, anche se per poco, consigliere comunale rifondarolo, che ha sciorinato il suo repertorio di consumato cabarettista della politica. Questa volta si è ricordato di mettersi i pantaloni, per fortuna. Ma la storia dei pantaloni ve la raconto un'altra volta.
Mentre si aspetta il nostro turno arriva un invitato di altro matrimonio con un Mercedes Kompressor, che frena sgommando e sollevando nuvole di sabbia. Uno sguardo alla folla circostante lo fa prostrarsi in sentite scuse per la sua villania.
Come già detto, il concetto d'eleganza per la cermonia aveva margini assai vaghi. Paul, essendo scozzese, sfoggiava il kilt del clan d'appartenenza, un mezzo metro di dredlocks e gli usuali Dr. Martin rinforzati, che Braveheart gli faceva una ricca sega. Paolino (Minies, LaCrisi, ecc.) comprometteva la sua camerieresca eleganza con un paio di AllStar devastate. Di Marrabbio ho già detto. Max Trono, che di lavoro fa il fotografo per riviste di moto e di musica, era promosso a fotografo di matrimoni e, confesso avendo visto alcune foto in anteprima sul suo portatile, dimostrava rara abilità. Segnalo l'esistenza di una foto con la Titti in braccio a Corrado il cui primo piano ginecologico sarà probabilmente censurato nell'edizione dell'album per il parentado.
Finita la breve cerimonia, in cui si è saltata la nota frase "chi ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre!" che avrebbe dato la stura ad una selva di braccia tese a prender la parola, ci si è scapicollati all'esterno, dove l'usuale riso lanciato spiegava la presenza di un grasso stormo di floridi piccioni sulle modanature dell'antico stadio dedicato al "Giuanìn" Brera.
Da qui l'allegra comitiva si è automunita per affrontare i meandri della Brianza, i cerca dell'alacre borgo di Briosco, verdeggiante collina sovrastante un piano di capannoni e mobilifici.
Ivi giunti, nel giardino del risotrante, si è dato inizio agli aperitivi, inframezzo ai quali mi sono scofanato mezza teglia di olive ascolane innaffiate da abbondanti dosi di prosecco.
Poco dopo ci si è spostati all'interno del locale. Ma "all'interno" sono parole grosse. Eravamo in una grossa veranda che dilagava nel cortile.
A questo punto occorre spiegare l'edilizia dei locali pubblici brianzoli: si acquista un casolare e si apre un ristorante. Una volta fatti abbastanza daneè si costruisce una veranda mobile. Dopo qualche anno che la veranda mobile non si muove la si considera una veranda fissa e si tirano su pareti e finestre. Intanto il capanno sul lato, dove ci sta a malapena una falciaerba, diventa un box doppio con annesso locale attrezzi. E un paio di cessi, che non si sa mai se c'è l'urgenza. Dietro c'è una collina, perchè non inserirla nelle facilities del ristorante? si fa realizzare dal fabbro una scala in ferro battuto che oltrepassa il muro di contenimento del cortile. A questo punto qualcuno, in comune, deve aver mugugnato che se si fa una scala sarebbe buona norma farci un parapetto sopra quei 2 metri di muretto. Ma il parapetto è lungo, e costa. Quindi si mette una rete appoggiata, che vieterebbe ai "non addetti" la salita della scala, in attesa di tempi migliori. Intanto si apre un cancello verso il giardino pubblico coi giochi bimbi e si chiude quello verso strada con la scusa dei pericoli del traffico, mentre il parcheggio esterno viene allargato per farci fare manovra ai tir in pausa pranzo. Si aspetta il condono, ci si mette in regola e ci si prepara ai futuri ampliamenti.
Data un'occhiata al menù è subito comprensibile che la tavolata MIHC avrà qualche problema: dei 12 al nostro tavolo 5 sono vegetariani e 1 più o meno (qualche volta mangia il pesce).
Io cito lo sketch di Schifani in una vecchia puntata di Mai Dire Domenica: "adesso non è che per due malati dobbiamo mangiare erba tutti quanti!", attirandomi sguardi di rimprovero dai commensali, ma mi offro di svuotare i loro piatti dagli antipasti di affettati e dall'insalata di polipo per lasciargli spazio a una striminzita insalatina.
Il primo sembra rinfrancarli, essendo un risotto. Qualcuno, infame come un Franti d'antan, insinua il sospetto che sia stato fatto con brodo di pollo, ma essendo in un ristorante di micragnosi brianzoli si suppone l'uso del dado, che una preoccupata cameriera giura essere vegetale. Per recuperare, Paolino chiede il bis. E poi il tris. E poi ne chiede ancora. Il cameriere, esacerbato, gli svuota la teglia nel piatto in un instabile montarozzo.
I secondi constano di pesce e carne. AI veggies viene recapitato un piatto di verdure alla griglia che per quantità rivaleggia con la più bieca nouvelle cousine. Io prendo doppia razione di tutto, innaffiando in quantità con rossi e bianchi a piacere.
Intanto cori selvaggi si sollevano indirizzati alla coppia di sposi, isolata in un tavolino da due posti.
Ogni tanto, qualcuno esce a fumarsi una sigaretta o a godersi la brezza pomeridiana.
Alcuni dei vecchi scenesters sono dotati di prole, che scorazza urlante tra i gochi bimbi e il cortile.
In un momento di calma mi siedo scomposto su una piccola giostra, per godermi rilassato il cilindretto di cancerosa.
I bambini e le bambine presenti, trovando la cosa curiosa, decidono di rendermi partecipe dei loro giochi. La scena è: due bambine e tre bambini, tra i 4 e gli 8 anni che, a turno, spingono una giostra carica di 87 kili di me.
Federico, il figlio di Sandro della Crota Piemuntesa, nota trattoria dietro le Colonne di S. Lorenzo, assolutamente scevro di ogni legge di fiscia e dinamica, nella sua potenza muscolare di atletico quattrenne è il più compreso dalla sua funzione di motore della giostra. E' meno conscio, altresì, delle leggi fisiche per cui, quando la giostra ha preso velocità, se non stacchi le mani vieni trascinato per terra.
Intanto gli sguardi severi dei genitori mi fanno capire che l'uso dei muscoli in seminale formazione della relativa prole per mio diletto non è socialmente accettabile.
Io cerco di replicare con uno sguardo che dimostri il fatto che stavo sulla giostra a farmi a) una sigaretta, b) gli emeriti cazzi miei, c) la prole in questione agiva motu proprio, ma il rischio di della slogatura dei sopraccigli mi ha fatto ricorrere a una sintetica e sbarazzina alzata di spalle.
Naturalmente i bimbi, conquistata la giostra, hanno preteso che gli restituissi il favore. Me la sono cavata con non poche decine di spinte, tra continui urli "più forte, più forte!" che si sarebbero arresi solo all'eventuale decollo dell'attrezzo dal suolo cui era fissato.
Per fortuna accenni di vomito a schizzo del temerario Federico hanno convinto i suoi compagni di giochi a scegliere sollazzi meno rischiosi.
Intanto la Maghella confezionava palloncini antropomorfi che suscitavano un ridottissimo interesse nei bimbi e maggiore nei genitori.
La partita di calcio in corso nel parcheggio attirava gli interessi delle tre generazioni presenti, ma il gioco maschio sviluppatosi sul ruvido asfalto teneva a debita distanza giovani virgulti e anziani parenti, timorosi della appesantita prestanza di diversi 30-40enni tatuati, sudati e obnubilati da vino e libagioni.
La giornata volge così al desio. E' il momento delle foto di rito: taglio della torta multipiano, stappaggio dello spumante, gli sposi con i parenti, la sposa con le amiche, lo sposo con gli amici.
Anni di concerti hardcore hanno lasciato il segno, però: la foto "lo sposo con gli amici" si trasforma in un mucchio selvaggio sullo sposo con stage diving dal muretto retrostante. Lo sposo riemerge paonazzo dal mucchio, minacciando sfracelli a destra e a manca.
Cocò e Tittì distribuiscono le "bomboniere", che non saprei come altro chiamare. Infatti, ogni partecipante viene fornito di un cd realizzato per l'occasione, in cui gli sposi hanno messo i loro pezzi preferiti, in ordine alfabetico, partendo dalla B di Bad Brains alla S di Suicidal Tendencies.
Un inutile orpello per il parentado, ma una gustosa chicca per tutta la cricca.
E' il momento dei saluti, gli amici se ne vanno, i parenti si guardano in giro, i camerieri raccolgono gli avanzi del pasto e i cocci di quel che si è rotto. Corrado e Titti tirano il fiato.
Noi si saluta e ci si avventura sulla Lecco-Milano, con la pancia piena e la palpebra a mezz'asta.
Ma la strada è dritta e l'ora non è tarda.
Giunti alla magione c'è anche tempo per un riposino prima di uscire, che stasera c'è la notte bianca.
Alle 2.00, al Totem, davanti a una birra o un Cuba Libre, la stessa gente che c'era il pomeriggio e la mattina, dopo aver messo a nanna i fantolini.
Sem semper chi.
Chettelodicoaffare?
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