Erno era un inventore geniale
Erno era un inventore geniale.
Ma uno di quei geni che inventano qualcosa senza nemmeno sapere a cosa serve.
Di solito la ricerca, specie se sponsorizzata dalle industrie, viene portata avanti su soluzioni che abbiano un'applicabilità nell'industria, nel commercio, ovunque siano produttive.
Ma Erno non era nel reparto Research & Developement di qualche industria, bensì insegnava Ingegneria Meccanica alla Scuola di Arti Decorative di Budapest.
E la capitale dell'Ungheria non era esattamente uno dei think tank della ricerca ingegneristica.
Nel 1979, nel laboratorio a lui assegnato per le ricerche, uno stanzone un po' spoglio e polveroso, ingobro di fogli, progetti e modelli, le cui pareti erano adornate da un manifesto illustrante il corrente piano quinquennale che porterà radioso avvenire al popolo ungherese, Erno mostra ad amici e colleghi la sua ultima invenzione: un "giunto triassiale" che permette di ruotare, interconnessi tra loro, svariati elementi appartenenti a sei piani geometrici.
La classica domanda "bello, ma... a cosa serve?" anche questa volta non trovò risposta.
La sua invenzione, come molte altre, sembrava destinata a prendere polvere su qualche scaffale del laboratorio. Ma Erno non voleva darsi per vinto.
Era sempre la Scuola di Arti Decorative, no? Decise quindi di affinarne l'estetica, smussandone gli spigoli, dandogli una forma cubica e regolare.
Da bravo ingegnere, calcolò anche il numero di combinazioni (3 miliardi, per la cronaca) in cui era possibile ruotare i diversi elementi di quello che considerava solo un originale soprammobile.
Fu solo in seguito, quando decise di colorare ogni faccia di colori diversi, che Erno Rubik potè affermare di aver inventato quello che, in tutti i paesi del mondo, è conosciuto come "il cubo di Rubik".
Il marketing non è una delle capacità più sviluppate in un ingegnere meccanico, specie se residente dietro la cortina di ferro, nell'Ungheria del 79: che cosa abbia potuto spingere Erno Rubik a presentare il suo articolo come "adatto alle persone chiuse in carcere che non sanno come impegnare le loro giornate", rimane una curiosa nota a piè pagina nella storia di questo curioso oggetto.
Per fortuna non fu ascoltato e, nel giro di poco tempo, venne distribuito come passatempo nei negozi di giocattoli di Budapest e di tutta l'Ungheria, con un successo impressionante.
Medesimo successo ottenuto in tutti i paesi del mondo dove viene commercializzato, compresa l'Italia, ove Mondadori Giochi lo importa a partire dal 1981.
Dopo pochi mesi cominciano a uscire libri dove vengono dati consigli per la soluzione: io, che avevo preso il Cubo di Rubik appena uscito, grazie ai consigli di uno di questi libri, riuscivo a risolvere il puzzle in meno di un minuto.
Per dirla tutta, di cubi ne avevo due: uno normale e uno su cui facevo gli esperimenti, tipo allentare le viti del giunto triassale o oliare i giunti dei vari pezzi per aumentarne la scorrevolezza e la velocità di rotazione.
L'avevo anche customizzato, alla fine, incollando al posto dei quadratini colorati classici delle fotografie ritagliate...
Il Cubo di Rubik non fu l'unico "puzzle tridimensionale": sempre nell'81 esce Genius, che ripropone i medesimi concetti in forma di cilindro, nell'82 esce la Torre di Babele, che consiste nel riposizionamento di 48 palline in 6 colonne divise per colore e sfumatura, ma questi concorrenti non avevano la classe del prodotto Ungherese.
E il nostro Erno? Abbandonata la cattedra di Ingegneria Meccanica era diventato un progettista di giochi, con una non nutrita serie di prodotti che, però, non raggiunsero mai il successo del Cubo.
Ci riprovò con un cubo composto da un numero quasi doppio di elementi; nell'87 fece uscire Rubik's Magic, un gioco composto da tavolette colorate collegate da fili di nylon che potevano essere ricomposte in milioni di combinazioni; nell'88 Rubik's Clock, un disco di plastica dove, su entrambi i lati, sono disposti nove "orologi" con una sola lancetta, che andavano sincronizzati usando quattro rotelle e quattro pulsanti.
Quest'ultimo è indubbiamente il più difficile, nonché l'ultimo dei giochi di Rubik.
Che dire? il Cubo di Rubik rimane, insieme a Tetris, uno dei pochissimi esempi di prodotti ludici usciti dall'area d'influenza sovietica, oltrepassando la Cortina di Ferro, che siano stati capaci di conquistare il mondo.
Senza nemmeno l'intervento dell'Armata rossa!
Ma uno di quei geni che inventano qualcosa senza nemmeno sapere a cosa serve.
Di solito la ricerca, specie se sponsorizzata dalle industrie, viene portata avanti su soluzioni che abbiano un'applicabilità nell'industria, nel commercio, ovunque siano produttive.
Ma Erno non era nel reparto Research & Developement di qualche industria, bensì insegnava Ingegneria Meccanica alla Scuola di Arti Decorative di Budapest.
E la capitale dell'Ungheria non era esattamente uno dei think tank della ricerca ingegneristica.
Nel 1979, nel laboratorio a lui assegnato per le ricerche, uno stanzone un po' spoglio e polveroso, ingobro di fogli, progetti e modelli, le cui pareti erano adornate da un manifesto illustrante il corrente piano quinquennale che porterà radioso avvenire al popolo ungherese, Erno mostra ad amici e colleghi la sua ultima invenzione: un "giunto triassiale" che permette di ruotare, interconnessi tra loro, svariati elementi appartenenti a sei piani geometrici.
La classica domanda "bello, ma... a cosa serve?" anche questa volta non trovò risposta.
La sua invenzione, come molte altre, sembrava destinata a prendere polvere su qualche scaffale del laboratorio. Ma Erno non voleva darsi per vinto.
Era sempre la Scuola di Arti Decorative, no? Decise quindi di affinarne l'estetica, smussandone gli spigoli, dandogli una forma cubica e regolare.
Da bravo ingegnere, calcolò anche il numero di combinazioni (3 miliardi, per la cronaca) in cui era possibile ruotare i diversi elementi di quello che considerava solo un originale soprammobile.
Fu solo in seguito, quando decise di colorare ogni faccia di colori diversi, che Erno Rubik potè affermare di aver inventato quello che, in tutti i paesi del mondo, è conosciuto come "il cubo di Rubik".
Il marketing non è una delle capacità più sviluppate in un ingegnere meccanico, specie se residente dietro la cortina di ferro, nell'Ungheria del 79: che cosa abbia potuto spingere Erno Rubik a presentare il suo articolo come "adatto alle persone chiuse in carcere che non sanno come impegnare le loro giornate", rimane una curiosa nota a piè pagina nella storia di questo curioso oggetto.
Per fortuna non fu ascoltato e, nel giro di poco tempo, venne distribuito come passatempo nei negozi di giocattoli di Budapest e di tutta l'Ungheria, con un successo impressionante.
Medesimo successo ottenuto in tutti i paesi del mondo dove viene commercializzato, compresa l'Italia, ove Mondadori Giochi lo importa a partire dal 1981.
Dopo pochi mesi cominciano a uscire libri dove vengono dati consigli per la soluzione: io, che avevo preso il Cubo di Rubik appena uscito, grazie ai consigli di uno di questi libri, riuscivo a risolvere il puzzle in meno di un minuto.
Per dirla tutta, di cubi ne avevo due: uno normale e uno su cui facevo gli esperimenti, tipo allentare le viti del giunto triassale o oliare i giunti dei vari pezzi per aumentarne la scorrevolezza e la velocità di rotazione.
L'avevo anche customizzato, alla fine, incollando al posto dei quadratini colorati classici delle fotografie ritagliate...
Il Cubo di Rubik non fu l'unico "puzzle tridimensionale": sempre nell'81 esce Genius, che ripropone i medesimi concetti in forma di cilindro, nell'82 esce la Torre di Babele, che consiste nel riposizionamento di 48 palline in 6 colonne divise per colore e sfumatura, ma questi concorrenti non avevano la classe del prodotto Ungherese.
E il nostro Erno? Abbandonata la cattedra di Ingegneria Meccanica era diventato un progettista di giochi, con una non nutrita serie di prodotti che, però, non raggiunsero mai il successo del Cubo.
Ci riprovò con un cubo composto da un numero quasi doppio di elementi; nell'87 fece uscire Rubik's Magic, un gioco composto da tavolette colorate collegate da fili di nylon che potevano essere ricomposte in milioni di combinazioni; nell'88 Rubik's Clock, un disco di plastica dove, su entrambi i lati, sono disposti nove "orologi" con una sola lancetta, che andavano sincronizzati usando quattro rotelle e quattro pulsanti.
Quest'ultimo è indubbiamente il più difficile, nonché l'ultimo dei giochi di Rubik.
Che dire? il Cubo di Rubik rimane, insieme a Tetris, uno dei pochissimi esempi di prodotti ludici usciti dall'area d'influenza sovietica, oltrepassando la Cortina di Ferro, che siano stati capaci di conquistare il mondo.
Senza nemmeno l'intervento dell'Armata rossa!
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