IL DECLINO DELLA CIVILTA' OCCIDENTALE
IL DECLINO DELLA CIVILTA' OCCIDENTALE
La pubblicità fa schifo. Viene fatta per venderti qualcosa di cui non hai bisogno (ché, di una cosa che abbisogni, la cerchi senza necessità di spot), decorata quel che basta e proposta da personcine che attirano la tua attenzione, per fartela desiderare e appagare un bisogno indotto.
Guardare la pubblicità è come scavare nel pattume, ma la rumenta, comunque, dice molto. Sopratutto su quello che siamo.
Non è un caso se un classico dello spionaggio di qualunque tipo è rovistare nella rumenta del proprio obbiettivo.
La pubblicità, essendo spazzatura della società, ci dice molto sul tipo di società in cui viviamo.
O in cui marketing manager delle aziende vorrebbero farci vivere.
Sono un segno.
Il segno che la civiltà occidentale sta scomparendo, e non lo fa tra le esplosioni e le luci abbaglianti di una guerra termonucleare globale, no.
Scompare in una scoreggetta silenziosa e puzzolente.
Arieggiare il locale prima di soggiornarvi.
LA SOCIETA' DEI SIMULANTI
Ovvero
IL GEL PER CAPELLI NON TI SCIACQUA LA MERDA DAL CERVELLO
I pubblicitari che fanno gli spot dei gel per capelli andrebbero messi al muro e fucilati. Purtroppo duemila anni di cristianesimo hanno lasciato il loro segno e tendiamo, quindi, a provare inconsci sensi di colpa nella soppressione di una forma di vita, per quanto infima.
Il gel in questione non mi ricordo come si chiama. Mi sembra Garnier Qualcosa.
Il protagonista è un ventenne a passeggio con i genitori per una strada di un quartire tipo centro direzionale, qualcosa mi dice che siamo al Londra.
Hanno l'aria di essere una famiglia dell'alta borghesia. Ragazzino con capelli ricci neri, golfino grigio topo e camicia azzurra, padre e madre rigidi e composti.
Non si capisce perché, se se la tirano da ricchi, stiano facendo tutta la strada a piedi.
Ah, capisco perché sembra Londra. Tutti i bianchi sono vestiti da sfigati.
Il ragazzino cammina e incontra della gente per strada che gli fa festa. Sono quelli che ha incontrato in discoteca la sera prima, lo scopriamo dai flashback dove lo stronzetto s'increma di gel i riccioloni sfigati per farsi gli spuntoni.
Nei flashback lo vediamo mentre balla con la versione teenager di Skin degli Skunk Anansie e si scambiano dolci effusioni e sguardi complici, mentre incontrandola per la strada non se la caga nemmeno. I genitori sembrano risentirsi che una negra conosca il loro bravo figliolo ariano e lui gli da corda (infame!) con una faccia da "mi avrà scambiato per qualcun'altro".
Passano davanti alla fermata del bus e incontrano due che sembrano appena usciti da un rave a mezzogiorno. Il flashback ci fa capire che sono i due con cui il ragazzotto faceva stage diving da ubriaco, la sera prima.
Lui, infame come sempre, nemmeno li saluta, riservando ai genitori spazientiti dalle libertà che si prende la plebaglia oggidì, il solito sguardo da "mi hanno SENZ'ALTRO scambiato per qualcun'altro!".
Dopo millemila kilometri a piedi (ma dove cazzo posteggiano questi?) arrivano all'appuntamento con un'altra famigliola, dotata di figlia biondina slavata con golfino grigio topo, una specie di Bridget Jones anoressica.
L'ennesimo flashback ce la fa vedere mentr'ella si slingua il ricciolone in discoteca, con canotta verde lucida e similcresta imbarazzante. E quando dico similcresta intendo quelle cofane terrificanti tipo i punk dei "ragazzi del muretto", quelle da sfighee che non ha le palle per farsi la cresta davvero.
Alè! Si sono trovati! Una coppia perfetta: alternativi del sabato sera che, grazie a una merda pastosa da spalmarsi in testa, possono concedersi qualche vacanza dalla loro esistenza di bravi borghesi annoiati.
LA TRAMA, QUESTA SCONOSCIUTA
Ovvero
PERCHE' DOVREI COMPRARE UN CELLULARE DA UN CANE CHE SBAVA?
Prendiamo gli spot TIM. Un cane di razza francese (Dogue de Bordeaux) parla in napoletano, dirige una televisione, assume i vj più sfigati dell'universo (quelli di Mtv), fa cantare un gruppo di cani con la parrucca di Gullit, vince un oscar con le tette, va a Sanremo per assumere Al Bano nella sua brutta copia di mtv, lo insegue in barca a remi, lo raggiunge sullo yacht dove sta pescando e poi si mettono a guardare il festival sul cellulare, Al Bano cantà "Felicità". La canta per tre spot, finché pure il cane presenta i sintomi di un'orchite psicosomatica.
Ora, una sceneggiatura del genere farebbe sembrare plausibile pure il più assurdo dei film dei Monty Python.
Il Dogue parla, abbiamo detto, napoletano. Forse per darsi un'aria da amichevole compagnone. La pronuncia napoletana fa subito simpatica allegria, evoca pizza, sole e mare. E poi quelle guanciotte cadenti, gli occhioni acquosi, il pelo rosso. Mi viene un'illuminazione. Ecco perché il napoletano! Il Dogue visto di faccia è uguale sputato a Felice Caccamo dal buon vecchio Mai Dire Gol.
Peccato che, a differenza delle flaccide fattezze del commentatore finto napoletano, il Dogue, essendo un molosso di notevoli dimensioni, ha poco da invidiare a un Pitbull.
Il Dogue si chiama Ettore. Il perché mi sfugge. Forse gli autori volevano farci capire di aver letto l'Iliade, che ci avevano una cultura, mica cazzi!
Mi limito, comunque, a evidenziare la trama inconsistente di alcune puntate.
Sorvolo sulla battuta dei Jamai-cani, una puttanata che nemmeno a "La Sai l'Ultima?" qualcuno avrebbe il coraggio di ripetere, segno che in ogni copywriter c'è un cabarettista fallito.
L'Oscar con le tette. C'é Sophia Loren che recita se stessa mentre presenta un "oscar pubblicità" con le stesse parole dell'oscar a Benigni. Ora, i pubblicitari potevano avere un po' di coraggio e completare l'imitazione di Benigni fino in fondo. Ettore avrebbe dovuto salire il palco, abbracciare la Loren, cacciargli due metri di lingua in bocca e, comportamento comico per Benigni ma naturale per un cane, cercare di ingropparsi una coscia di Sophia.
Ma perché l'oscar con le tette? Il design dell'Oscar vero è un marchio registrato? Le tette dovevano richiamare le glorie passate della Loren? Boh.
Al Bano. Cristo, Al Bano! Allora: Ettore dirige, potremmo dire alla cazzo di cane, una tv musicale (Free tv), di quelle per i ggiovani. Deve fare un po' di campagna acquisti. Tutti gli adolescenti vanno a guardarsi J.Lo, Capparezza, Marilyn Manson, Tiziano Ferro, i Metallica e gli Articolo 31 su Mtv e AllMusic, lui vuole assumere Al Bano. Raramente si è visto un cane con meno fiuto, almeno per gli affari. Il parallelo con le ultime campagne acquisti dell'Inter di Moratti regge splendidamente il confronto.
Oltretutto Al Bano, delle avances di Ettore se ne fotte. E certo, lui gli manda dietro quei mentecatti dei suoi vj, sarebbe scappato pure Dj Francesco.
Al Bano si rifugia nel suo Jacht, per andare a pescare in piena notte a largo di Sanremo. Ettore lo raggiunge grazie alle braccia rematorie di due aiutanti wannabe veline, con un vestiario a metà strada tra i marinai di Fassbinder e le hostess di Love Boat. Il bavoso canide non avendo niente da fare, da il ritmo a forza di "iamme iamme", rinforzando lo stereotipo leghista del nord che lavora (le rematrici vestite da gondoliere) e del napoletano che non fa un cazzo. E oltretutto rompe i coglioni agli alacri nordici con il suo fottuto iamme iamme.
Arrivati a bordo, Ettore raggiunge la mitica star che gli garantirà milioni di telespettatori adolescenti adoranti.
Al Bano, con una mano tiene la canna da pesca e con l'altra si guarda il festival di Sanremo sul cellulare. L'apoteosi della sfiga.
Hai uno yacht e non c'è nemmeno un televisore a bordo. Ma che mi fotte a me? dirà AlBano. Preferisco pagare uno sproposito per vederlo male, sgranato, con la connessione che cade ogni due minuti, in uno schermo minuscolo.
Al Bano è così contento che ci sia un cane che se lo caga che si mette a cantare "Felicità".
Ecco: questo è il punto più basso che si potesse raggiungere. AlBano cantò in un Sanremo di tot anni fa questa canzone, insieme a Romina. Il disco vendette quintali di copie tra tutte le parrucchiere cinquantenni. AlBano e Romina si stringevano la mano coi lucciconi negli occhi, nessuno era triste e le caprette facevano ciao.
Ora sua figlia è scomparsa in una palude del Missisipi probabilmente trasformata in uno zombie da qualche stregone voodoo, sua moglie si è stufata di fare il presepe vivente de "la bella e la bestia", ha mollato la famiglia Carrisi, sfanculato tutti e alè. Al Bano non vende più un disco, non se l'incula più nessuno, al massimo fa una comparsata in qualche trasmissione fregnona.
Ora un quadrupede sbavante sembra apprezzarlo e lui è felice. Non aggiungo altro.
Per concludere: ad Al Bano del videofonino Tim non può fregarglierne di meno. Al cane gli freca ancora di meno, anche se la sua Free Tv dovrebbe curarne, si suppone, i contenuti (e ho detto tutto!).
Oramai sono usciti 10 spot dove nessuno, a cominciare dagli autori dello spot, sa dove andare a parare.
Io nemmeno lo so, e neanche mi ci sforzo.
Una cosa, però la so. Sono un animalista convinto, ma regalerei volentieri Ettore all'Allevamento Morini.
La pubblicità fa schifo. Viene fatta per venderti qualcosa di cui non hai bisogno (ché, di una cosa che abbisogni, la cerchi senza necessità di spot), decorata quel che basta e proposta da personcine che attirano la tua attenzione, per fartela desiderare e appagare un bisogno indotto.
Guardare la pubblicità è come scavare nel pattume, ma la rumenta, comunque, dice molto. Sopratutto su quello che siamo.
Non è un caso se un classico dello spionaggio di qualunque tipo è rovistare nella rumenta del proprio obbiettivo.
La pubblicità, essendo spazzatura della società, ci dice molto sul tipo di società in cui viviamo.
O in cui marketing manager delle aziende vorrebbero farci vivere.
Sono un segno.
Il segno che la civiltà occidentale sta scomparendo, e non lo fa tra le esplosioni e le luci abbaglianti di una guerra termonucleare globale, no.
Scompare in una scoreggetta silenziosa e puzzolente.
Arieggiare il locale prima di soggiornarvi.
LA SOCIETA' DEI SIMULANTI
Ovvero
IL GEL PER CAPELLI NON TI SCIACQUA LA MERDA DAL CERVELLO
I pubblicitari che fanno gli spot dei gel per capelli andrebbero messi al muro e fucilati. Purtroppo duemila anni di cristianesimo hanno lasciato il loro segno e tendiamo, quindi, a provare inconsci sensi di colpa nella soppressione di una forma di vita, per quanto infima.
Il gel in questione non mi ricordo come si chiama. Mi sembra Garnier Qualcosa.
Il protagonista è un ventenne a passeggio con i genitori per una strada di un quartire tipo centro direzionale, qualcosa mi dice che siamo al Londra.
Hanno l'aria di essere una famiglia dell'alta borghesia. Ragazzino con capelli ricci neri, golfino grigio topo e camicia azzurra, padre e madre rigidi e composti.
Non si capisce perché, se se la tirano da ricchi, stiano facendo tutta la strada a piedi.
Ah, capisco perché sembra Londra. Tutti i bianchi sono vestiti da sfigati.
Il ragazzino cammina e incontra della gente per strada che gli fa festa. Sono quelli che ha incontrato in discoteca la sera prima, lo scopriamo dai flashback dove lo stronzetto s'increma di gel i riccioloni sfigati per farsi gli spuntoni.
Nei flashback lo vediamo mentre balla con la versione teenager di Skin degli Skunk Anansie e si scambiano dolci effusioni e sguardi complici, mentre incontrandola per la strada non se la caga nemmeno. I genitori sembrano risentirsi che una negra conosca il loro bravo figliolo ariano e lui gli da corda (infame!) con una faccia da "mi avrà scambiato per qualcun'altro".
Passano davanti alla fermata del bus e incontrano due che sembrano appena usciti da un rave a mezzogiorno. Il flashback ci fa capire che sono i due con cui il ragazzotto faceva stage diving da ubriaco, la sera prima.
Lui, infame come sempre, nemmeno li saluta, riservando ai genitori spazientiti dalle libertà che si prende la plebaglia oggidì, il solito sguardo da "mi hanno SENZ'ALTRO scambiato per qualcun'altro!".
Dopo millemila kilometri a piedi (ma dove cazzo posteggiano questi?) arrivano all'appuntamento con un'altra famigliola, dotata di figlia biondina slavata con golfino grigio topo, una specie di Bridget Jones anoressica.
L'ennesimo flashback ce la fa vedere mentr'ella si slingua il ricciolone in discoteca, con canotta verde lucida e similcresta imbarazzante. E quando dico similcresta intendo quelle cofane terrificanti tipo i punk dei "ragazzi del muretto", quelle da sfighee che non ha le palle per farsi la cresta davvero.
Alè! Si sono trovati! Una coppia perfetta: alternativi del sabato sera che, grazie a una merda pastosa da spalmarsi in testa, possono concedersi qualche vacanza dalla loro esistenza di bravi borghesi annoiati.
LA TRAMA, QUESTA SCONOSCIUTA
Ovvero
PERCHE' DOVREI COMPRARE UN CELLULARE DA UN CANE CHE SBAVA?
Prendiamo gli spot TIM. Un cane di razza francese (Dogue de Bordeaux) parla in napoletano, dirige una televisione, assume i vj più sfigati dell'universo (quelli di Mtv), fa cantare un gruppo di cani con la parrucca di Gullit, vince un oscar con le tette, va a Sanremo per assumere Al Bano nella sua brutta copia di mtv, lo insegue in barca a remi, lo raggiunge sullo yacht dove sta pescando e poi si mettono a guardare il festival sul cellulare, Al Bano cantà "Felicità". La canta per tre spot, finché pure il cane presenta i sintomi di un'orchite psicosomatica.
Ora, una sceneggiatura del genere farebbe sembrare plausibile pure il più assurdo dei film dei Monty Python.
Il Dogue parla, abbiamo detto, napoletano. Forse per darsi un'aria da amichevole compagnone. La pronuncia napoletana fa subito simpatica allegria, evoca pizza, sole e mare. E poi quelle guanciotte cadenti, gli occhioni acquosi, il pelo rosso. Mi viene un'illuminazione. Ecco perché il napoletano! Il Dogue visto di faccia è uguale sputato a Felice Caccamo dal buon vecchio Mai Dire Gol.
Peccato che, a differenza delle flaccide fattezze del commentatore finto napoletano, il Dogue, essendo un molosso di notevoli dimensioni, ha poco da invidiare a un Pitbull.
Il Dogue si chiama Ettore. Il perché mi sfugge. Forse gli autori volevano farci capire di aver letto l'Iliade, che ci avevano una cultura, mica cazzi!
Mi limito, comunque, a evidenziare la trama inconsistente di alcune puntate.
Sorvolo sulla battuta dei Jamai-cani, una puttanata che nemmeno a "La Sai l'Ultima?" qualcuno avrebbe il coraggio di ripetere, segno che in ogni copywriter c'è un cabarettista fallito.
L'Oscar con le tette. C'é Sophia Loren che recita se stessa mentre presenta un "oscar pubblicità" con le stesse parole dell'oscar a Benigni. Ora, i pubblicitari potevano avere un po' di coraggio e completare l'imitazione di Benigni fino in fondo. Ettore avrebbe dovuto salire il palco, abbracciare la Loren, cacciargli due metri di lingua in bocca e, comportamento comico per Benigni ma naturale per un cane, cercare di ingropparsi una coscia di Sophia.
Ma perché l'oscar con le tette? Il design dell'Oscar vero è un marchio registrato? Le tette dovevano richiamare le glorie passate della Loren? Boh.
Al Bano. Cristo, Al Bano! Allora: Ettore dirige, potremmo dire alla cazzo di cane, una tv musicale (Free tv), di quelle per i ggiovani. Deve fare un po' di campagna acquisti. Tutti gli adolescenti vanno a guardarsi J.Lo, Capparezza, Marilyn Manson, Tiziano Ferro, i Metallica e gli Articolo 31 su Mtv e AllMusic, lui vuole assumere Al Bano. Raramente si è visto un cane con meno fiuto, almeno per gli affari. Il parallelo con le ultime campagne acquisti dell'Inter di Moratti regge splendidamente il confronto.
Oltretutto Al Bano, delle avances di Ettore se ne fotte. E certo, lui gli manda dietro quei mentecatti dei suoi vj, sarebbe scappato pure Dj Francesco.
Al Bano si rifugia nel suo Jacht, per andare a pescare in piena notte a largo di Sanremo. Ettore lo raggiunge grazie alle braccia rematorie di due aiutanti wannabe veline, con un vestiario a metà strada tra i marinai di Fassbinder e le hostess di Love Boat. Il bavoso canide non avendo niente da fare, da il ritmo a forza di "iamme iamme", rinforzando lo stereotipo leghista del nord che lavora (le rematrici vestite da gondoliere) e del napoletano che non fa un cazzo. E oltretutto rompe i coglioni agli alacri nordici con il suo fottuto iamme iamme.
Arrivati a bordo, Ettore raggiunge la mitica star che gli garantirà milioni di telespettatori adolescenti adoranti.
Al Bano, con una mano tiene la canna da pesca e con l'altra si guarda il festival di Sanremo sul cellulare. L'apoteosi della sfiga.
Hai uno yacht e non c'è nemmeno un televisore a bordo. Ma che mi fotte a me? dirà AlBano. Preferisco pagare uno sproposito per vederlo male, sgranato, con la connessione che cade ogni due minuti, in uno schermo minuscolo.
Al Bano è così contento che ci sia un cane che se lo caga che si mette a cantare "Felicità".
Ecco: questo è il punto più basso che si potesse raggiungere. AlBano cantò in un Sanremo di tot anni fa questa canzone, insieme a Romina. Il disco vendette quintali di copie tra tutte le parrucchiere cinquantenni. AlBano e Romina si stringevano la mano coi lucciconi negli occhi, nessuno era triste e le caprette facevano ciao.
Ora sua figlia è scomparsa in una palude del Missisipi probabilmente trasformata in uno zombie da qualche stregone voodoo, sua moglie si è stufata di fare il presepe vivente de "la bella e la bestia", ha mollato la famiglia Carrisi, sfanculato tutti e alè. Al Bano non vende più un disco, non se l'incula più nessuno, al massimo fa una comparsata in qualche trasmissione fregnona.
Ora un quadrupede sbavante sembra apprezzarlo e lui è felice. Non aggiungo altro.
Per concludere: ad Al Bano del videofonino Tim non può fregarglierne di meno. Al cane gli freca ancora di meno, anche se la sua Free Tv dovrebbe curarne, si suppone, i contenuti (e ho detto tutto!).
Oramai sono usciti 10 spot dove nessuno, a cominciare dagli autori dello spot, sa dove andare a parare.
Io nemmeno lo so, e neanche mi ci sforzo.
Una cosa, però la so. Sono un animalista convinto, ma regalerei volentieri Ettore all'Allevamento Morini.
Commenti
Posta un commento